Esperienza di un insegnante di sostegno



 

di Rossella Cavallo

 

Dopo nove anni di lavoro come insegnante di sostegno, ora mi ritrovo a voler descrivere la mia esperienza , non è facile perché ci sono tante cose da dire… partiamo dall’inizio e cioè dalla laurea.

Esci dall’Università piena di motivazione, di fare, scoprire, misurarti e confrontarti, tu che per scelta ti sei specializzata per il sostegno, ognuno ha la sua motivazione, ma ne sei fiera e credi che sarai un’insegnante in più in una classe e che sarai molto utile non solo al singolo ma a tutti.

Ricordo bene i primi giorni di servizio (ovviamente sempre il primo settembre) e ovviamente quasi in tutte le scuole il solito caos: “il sostegno lo incontrerò nei prossimi giorni, ora ancora non ho deciso!”, nella mia testa rimbalzava un fantastico “WOW, siamo in alto mare!” e ciò diventava sempre più una delusione del sistema scolastico, perché passano giorni e a volte anche settimane, arrivano i bambini a scuola e tu??? Sei utile a tutti ma non sei di nessuno! Ebbene si è una realtà triste che ho vissuto per diversi anni, per fortuna non in tutte le scuole e ne ho cambiate. Altro aspetto negativo la famosa continuità, quando sei precaria non esiste e ogni anno potresti avere il “privilegio” di cambiare scuola, lasciare gli alunni dell’anno precedente, dire addio ai progetti didattici iniziati l’anno precedente e non vederli mai finiti di realizzare e in tutto ciò ai tuoi piccoli alunni? Cambio d’insegnanti, cambio metodologico, cambio di programmazione, organizzazioni diverse, una nuova persona da conoscere e con la quale creare un nuovo rapporto, non è facile per un bambino accettare una nuova figura soprattutto per un bambino con disabilitá che ha bisogno di stabilità, continuità, complicità in chi già lo conosce, non si conosce un bambino in una settimana o poco più ma passano mesi prima di entrare nel vivo della relazione, in tutto questo non dimentichiamoci della famiglia che si ritrova a dover aspettare e conoscere l’insegnante, monitorare il proprio figlio in questo passaggio, far conoscere il bambino e cercare di lavorare con il giusto equilibrio.

Purtroppo esistono ancora solo tante parole scritte e riviste ma non tutte sono applicate.

In questa triste realtà c’è il lato positivo, quello che porterai sempre con te e cioè i ricordi, le soddisfazioni, le espressioni di gioia e la soddisfazione da parte dei genitori. Quando casualmente, dopo anni incontri un tuo ex alunno al supermercato con il genitore e ancora si ricorda di te e ti abbraccia per salutarti e ti aggiunge “la ricordiamo con molto piacere e spesso parliamo di lei!”… allora hai la conferma che hai lasciato qualcosa di positivo in quella persona e in quella famiglia.

Ogni insegnante sa il proprio lavoro come è stato svolto, ma la famiglia e i cambiamenti del bambino ne sono la prova.

L’insegnante di sostegno è una figura importantissima nella scuola e per ciò che andrebbe affidato questo ruolo solo a persone competenti, con specializzazione e che i risultati possano essere verificati.

Purtroppo, nella scuola ci sono ancora tanti insegnanti improvvisati e questo non va bene per nessuno!

Un ultimo suggerimento è quello di far provare a tutti gli insegnanti di classe l’insegnamento ad un alunno con disabilitá ma per un intero anno scolastico, così tutti si renderebbero conto del lavoro che viene svolto, delle difficoltà e dell’importanza.

 

Total
0
Shares
3 comments
  1. Questo post é per me una piacevolissima sorpresa, non solo perché mi sono dedicato a questo settore, sia da capo dipartimento, che da formatore all’interno degli specifici percorsi formativi universitari, ma anche perché rappresenta una prova di come la Riabilitazione non possa che essere un mondo fatto di integrazione costante e di apertura quitidiana a tutte le agenzie sociali coinvolte. Ed é anche la evidenza di quanto sia importante la reciproca contaminazione di diversi mondi professionali per sempre meglio rafforzare un approccio biopsicosociale di cui spesso si parla più come esigenza di trasformazione culturale, che come reale e concreto modello operativo. Il Progetto riabilitativo individuale é un abito che si cuce addosso al bambino, ancor più che all’adulto, proprio per il suo divenire e per la necessità, quanto mai sentita, di una coerenza evolutiva di tutti gli ambiti che entrano in contatto e che influenzano il recupero. Anche in questo il fisiatra ha un compito primario da svolgere.

  2. Ho letto con molto piacere questo articolo perchè anche io ho avuto l’insegnante di sostegno.
    Come si diceva nell’articolo ne ho cambiante molte e ho di alcune in particolare una forte nostargia, credo che questo dipenda dal fatto che per me erano piccoli angeli visibili ma invisibili che riuscivano a parlarmi senza parlare, a starmi vicino ma non troppo e quando era ora da professori che gli altri vedevano solo come professori diventavano la mia marcia in più gli amici che ti davano una mano e una dritta o se serviva prendevi una strigliata
    Quando facevano questa sorta di magia li vedevo solo io era un mio momento speciale.
    Purtroppo capisco solo ora il loro enorme valore perchè all’ epoca ero piccino prima e adolescente tosto dopo.
    avrei voluto ringraziarle molto più di quanto abbia fatto.
    Mi resta in mente un anedoto che voglio lasciarvi!
    Quando ero stanco e non riuscivo a concentrarmi perchè ero piccino e tremendo l’angelo di turno cantava piano 7000 Caffè di alex Britti e io ripartivo
    chi dopo questo anedoto sostiene ancora che il sostegno non serve non ha capito nulla!
    Grazie a Rossella Cavallo che ha scritto questo articolo e mi ha fatto aprire un bellissimo cassetto dei miei ricordi!

    Massimo Sinigaglia

  3. Sono non vedente e lavoro ormai da qualche anno; come è ben evidente sia dall’articolo che dai commenti, faccio sapere che anche io sono fra quelli che – avendo cambiato docenti di sostegno in tutti i periodi del ciclo scolastico – ho conservato il legame ed i ricordi con questo complesso mondo che riguarda il sostegno e l’integrazione.
    Negli anni di scuola elementare fu importante il lavoro della docente di sostegno che ho avuto al primo anno; questo pose le basi affinché io imparassi a scrivere e leggere in braille correttamente. Iniziando da una serie di lettere separate da spazi, poi parole unite e infine righe unite su uno stesso foglio.
    Ci fu un cambio al secondo anno e la docente a me assegnata lavorò al meglio facendo sì che io apprendessi l’uso della Dattilo braille e, durante il quinto anno, anche della tastiera del computer equipaggiato con screen reader usato dai non vedenti.
    Durante un’estate di quel periodo, poi, fu così gentile che ebbe piacere di portarmi insieme a lei e ai suoi due figli per una gita in montagna nei dintorni del pinerolese; i miei familiari e di conseguenza anche io, restammo soddisfatti da questa giornata di svago.
    La docente che avevo alle medie mi seguiva durante le ore di ginnastica e chiaccherava molto con me durante gli intervalli.
    Al liceo, fra il primo ed il terzo anno, il docente che mi era stato assegnato dovette superare ancora alcune prove concorsuali per diventare di ruolo; comunque era bravo ad usare il PC e mi seguiva anche durante le ore di educazione fisica. I sostituti che vennero durante la sua assenza furono tutti quanti all’altezza.
    Quando lui divenne ufficialmente di ruolo, superate alcune criticità organizzative e chiariti con me e la famiglia alcuni aspetti sul metodo di studio e di lavorare, fino a conclusione dell’ultimo anno di liceo le cose andarono per il meglio ed il ricordo più piacevole che ancora conservo è quello delle varie gite scolastiche fatte negli ultimi 2 anni, nonché i suggerimenti a me dati per navigare al meglio in Internet. Questi ultimi mi sono utili ancora oggi quando faccio tele-assistenza ad altri ciechi, o quando do informazioni a docenti di sostegno o familiari di persone non vedenti che sono alle prime armi con tecnologie e configurazioni varie da fare.
    Infine da maggio 2012, utilizzando in particolare Linkedin, ho trovato e sono stato contattato da varie persone che si occupano di educazione e docenza.
    Con piacere condivido qual’è stata la mia esperienza e rispondo senza alcuna difficoltà a domande che costoro potrebbero avere per me; positivi confronti anche questi!
    Iscrivetevi al gruppo Facebook chiamato “sportello braille”, su Linkedin ai gruppi: “redazione pedagogica” e “professione pedagogista, entra nella rete!”,; mettete mi piace alla pagina Facebook “redazione pedagogica”, ed iscrivetevi al gruppo “redazione pedagogica fan club”;così potremo discutere meglio su questo ed altri temi correlati!

Rispondi a Stefano Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Related Posts

Iscriviti alla Newsletter!