Il Fisiatra tra pubblico e privato



di Giampaolo de Sena

La assistenza sanitaria può essere sia fornita dallo Stato che essere privata, se la prestazione è a carico dello Stato si parla di servizio pubblico, se viceversa la prestazione è a carico del cittadino si parla di sanità privata. Molte volte il privato convenzionato, ambulatoriale o ospedaliero, viene ad essere confuso come sanità privata ma questo è un errore. Lo Stato eroga le sue prestazioni, sia direttamente che in appalto a soggetti terzi che, per conto dello Stato e sotto le sue direttive e regole, erogano servizi per conto dello Stato. Pertanto il privato convenzionato è un servizio che per la sua stessa natura è un servizio pubblico anche se commissionato a privati e pertanto i fisiatri che lavorano nel privato convenzionato sono fisiatri che lavorano in tutto e per tutto per conto dello Stato, anche se in maniera indiretta e mediata da un imprenditore o da un soggetto imprenditoriale. Questo antico dilemma tra pubblico e privato ha acceso e continua ad accendere gli animi, il medico ospedaliero o il medico che lavora nella ASL, spesso e volentieri ritiene il medico del privato convenzionato come appartenente ad un’altra squadra, soggetto ad interessi differenti e pertanto passibile di “legittimi sospetti” su ipotetici “conflitti di interessi” tra la funzione pubblica e quella privata. Eppure non c’è niente che possa giustificare questo atteggiamento, la realtà del dipendente pubblico non è scevra dagli stessi rischi che vengono imputati al medico del privato convenzionato. Cominciamo con il sottolineare che lo Stato fornisce servizi tramite aziende, cioè attraverso ASL, AUSL, ASS, etc. , ossia aziende sanitarie locali e pertanto configurate anche esse come impresa, oppure attraverso gli ospedali, anche questi denominati aziende ospedaliere e pertanto anch’essi connotati dalla definizione “azienda”, ossia un’organizzazione finalizzata alla impresa. Ovviamente tra l’azienda a carattere pubblico e la azienda a carattere privato ci sono differenze sostanziali. Sebbene abbiano la medesima finalità, la principale differenza è che la azienda pubblica utilizza capitali pubblici, laddove la azienda privata utilizza capitali privati. Stessa finalità, differente rischio di impresa. La azienda pubblica nomina i suoi dirigenti in riferimento a logiche di politica aziendale ma talvolta anche su esigenze di natura partitica con la conseguenza che non sempre il metodo meritocratico viene pienamente limitato a competenze puramente tecniche. Questi ragionamenti di rischio di selezione a matrice partitica possono riguardare tutta la filiera della dirigenza, dal ministro della salute, all’assessore regionale, al direttore generale, al primario. Questo significa che talvolta più che i meriti o il curriculum è la tessera di partito che porta alla dirigenza, certamente questo non accade sempre e comunque, ma non è un evento impossibile da incontrare. Quindi il medico che lavora nel pubblico non è scevro da rischi di cattiva gestione aziendale, indipendentemente da quelle che siano le sue capacità o il suo spessore morale. Si potrebbe addirittura azzardare l’affermazione che un medico che lavora nel pubblico può avere maggiori possibilità di essere soggetto alla dirigenza da parte di funzionari di partito rispetto a quelli ai quali è sottoposto un medico che lavora nel privato. Questo perché nel privato le logiche sono differenti, i capitali sono privati, la scelta della dirigenza è sempre molto prudente, risponde a criteri molto selettivi, la scelta su criteri familiari o aziendali generalmente prevarica le logiche partitiche e politiche, e i fallimenti e le cattive gestioni sono molto poco tollerate. C’è un particolare di non poco conto da menzionare, ossia se storicamente e molto più negli anni passati che adesso, nel pubblico la perdita in bilancio è da andata distribuita tra i contribuenti ( in Campania i debiti della sanità sono stati coperti dalle accise sulla benzina), nel privato invece i debiti non vengono assorbiti da terzi, le banche non tollerano scoperti ed i consigli di amministrazione sanno perfettamente che i buchi di bilancio e di mala gestione costano prima di tutto la poltrona dell’amministratore. Dalla qualità del prodotto dipende la competitività nel mercato, questo è un assioma in tutte le logiche di mercato e quindi nella realtà delle aziende, tutte, la prima regola è che per fare fatturati bisogna coprire la domanda con gradimento del committente, questo costringe ogni imprenditore ed ogni azienda ad essere continuamente rivolto al progresso ed al miglioramento dei servizi. Questo vale per il pubblico e per il privato, quando in una realtà territoriale lo Stato compete con se stesso nella offerta di due prodotti, uno appaltato a terzi ed un altro a gestione diretta, i servizi offerti al cittadino sono in diretta concorrenza gli uni contro gli altri. Un buon prodotto favorisce la crescita e viceversa ed il prodotto della impresa nella salute è il servizio fornito e pertanto pubblico e privato sono in competizione gli uni contro gli altri e pertanto la ricerca della qualità della assistenza è caratteristica condivisa. Tra le critiche che vengono portate al privato convenzionato, che come abbiamo detto è in diretta concorrenza con il servizio pubblico sulla qualità del servizio fornito, ha logiche aziendali che sono soggette a criteri economici, e quindi la qualità nel servizio privato convenzionato è un obbligo al pari di quanto accade nel pubblico, e talvolta con capitali meno ricchi di quelli a disposizione. Proprio per questi motivi un’altra accusa che viene mossa nei confronti del medico che lavora nel privato convenzionato è quella di essere al servizio del fatturato dell’imprenditore piuttosto che della salute del cittadino. In buona sostanza si sostiene, fantasiosamente, che il medico sia più interessato alla remunerazione della prestazione che alla qualità della assistenza. In realtà la esistenza dei tetti di spesa smonta questa possibilità perché il centro convenzionato o la clinica privata convenzionata ha un budget limitato, che viene rinnovato di anno in anno e questo fa si che se io oggi prescrivo una prestazione eccessivamente costosa, domani dovrò stare attento a limitarmi nella spesa, essendo il capitale a disposizione limitato. Ma d’altronde se il rischio del dipendente di un centro convenzionato potrebbe essere quello di favorire logiche economiche, il dipendente statale non è immune dagli stessi rischi. La corruzione in ambito pubblico è un malcostume di cui l’Italia vanta un non invidiabile primato e nella sanità pubblica la corruzione può riguardare i grandi appalti ma anche la semplice prescrizione di farmaci, di ausili o di prestazioni. Il dipendente pubblico come quello privato hanno innumerevoli possibilità di secondi fini nella prescrizione, ma questo non è determinato dal contesto professionale, ma dalla indole del singolo. Insomma la distinzione tra medico che lavora nel pubblico e medico che lavora nel convenzionato non può essere fatta in termini di onestà o di efficienza, entrambi rispondono a logiche aziendali, pubbliche o private che siano, entrambi forniscono servizi in quanto professionisti, entrambi sono vincolati al giuramento di Ippocrate, entrambi sono essere umani e pertanto imperfetti, sia che lavorino nel pubblico che nel privato. Senza differenze.

Giampaolo de Sena

Medico Fisiatra

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2 comments
  1. Ottima riflessione, ampia ed articolata su questo tema critico per ogni Disciplina ma forse ancor di più per la Fisiatria dove la presenza delle attività svolte da strutture accreditate è abbastanza vasta, diffusa e anche crescente rispetto a decrescenti investimenti propri del settore pubblico.
    Agiungo solo un aspetto ai molti che DeSena ha trattato : l’impegno alla formazione continua da parte dei medici fisiatri (e da parte parimenti degli altri professionisti del Team ) che nel privato accreditato è elemento determinante per mantenere la qualità professionale (anche individuale ) e la efficacia (aggiornamento, innovazione etc.) delle attività offerte ai Cittadini. Viceversa , purtroppo nonostante norme e controlli più formali che sostanziali, nel pubblico talvolta può esser solo mirata ad accumulare decine di crediti ECM senza che essi siano sempre correlati alle attività cliniche svolte e da svolgere nell’interesse dell’Utenza. Questo accade magari in quelle situazioni , ancora frequenti nel servizio pubblico, in cui le responsabilità decisionali (cliniche e di formazione) non sono affidate a Fisiatri ma le attività di riabilitazione sono affiancate o peggio inserite negli Ospedali e nei Distretti all’interno di strutture organizzative dipendenti da altre Discipline .

  2. Condivido in pieno quanto scritto da Gianpaolo , mi permetto di fare alcune precisazioni : 1). IL Fisiatra è un medico , e come tale ha giurato correttezza ed etica professionale del suo operato perseguendo come Principio di base, la tutela della salute del cittadino, non voglio neanche pensare che qualcuno possa definire il Fisiatra che opera nelle strutture pubbliche onesto, e quello che opera nel privato non onesto . IN realtà questa famigerata distinzione si fa ,lo dimostrano alcune determinazioni ,e purtroppo alcune dichiarazioni di nostri illustri colleghi di cui non mi permetto di fare i nomi . Porto semplicemente a scopo puramente informativo alcuni esempi : ad es. la prescrizione di protesi e ausili la può fare solo il Fsiatra che opera nel publico non la può fare il Fisiatra che opera nel privato, la prescrizione di prestazioni o percorsi riabilitativi sul ricettario nazionale la può fare solo il fisiatra del publico o il medico di medicina generale ma non il fisiatra che opera nel privato accreditato. Preciso che l’accreditamento è istituzionale e pone sullo stesso piano giuridico il publico e il privato ,ma purtroppo poi nella realtà si fa l’esatto contrario. Dovrebbe essere la nostra società scientifica il nostro sindacato a far rendere giustizia a tutto ciò ma la mia voce , purtroppo si perde nell’atmosfera. Salvatore Calvaruso

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