Il Fisiatra in ambulatorio: esperienze a confronto 3



di Morena Ottaviani

​LE TESSERE DEL PUZZLE

Nel 2000 ho messo al mondo due creature: mia figlia e il Presidio Ambulatoriale di Riabilitazione, in cui ancora oggi svolgo la maggior parte della mia attività professionale. La loro nascita è stata legata da un filo comune: non avrei mai rinunciato né alla maternità né alla mia professione, e quindi il compromesso che mi si prospettava con l’attività ambulatoriale (e gli orari flessibili connessi) mi ha consentito di riuscire anche ad essere presente quasi sempre come mamma.

Devo però confessare che l’avventura di organizzare ex-novo un presidio ambulatoriale è stata una delle esperienze più entusiasmanti che abbia avuto dal punto di vista professionale, dalla ricerca dei locali adeguati alla scelta delle apparecchiature e degli arredi: ricordo ancora le decine di e-mail inviate alle varie case produttrici di elettromedicali richiedendo preventivi. Comunque, l’organizzazione strutturale è stata portata avanti sempre tenendo un occhio sulla normativa relativa i requisiti per l’accreditamento, in modo da realizzare un impianto che già soddisfacesse i requisiti istituzionali, in attesa di una ripresa delle procedure per la richiesta dell’accreditamento regionale. E in effetti, dal 2003 l’istituto è Accreditato dalla Regione Liguria.

Lo staff tecnico è composto ovviamente dal Medico Fisiatra che coordina Fisioterapisti e Masso-fisioterapisti, ma è prevista in caso di necessità la collaborazione anche con il Logopedista. Un altro punto di riferimento, che viene contattato all’occorrenza, è il Tecnico Ortopedico, con alle spalle un proprio laboratorio per la realizzazione di plantari a seguito di valutazione dinamica del passo.

L’istituto è attrezzato per erogare terapie fisiche mediante le principali apparecchiature elettromedicali (TECAR-terapia, onda d’urto radiale, ipertermia, trazioni scheletriche, LASER IR, elettro-magnetoterapia BF e AF, US, Radar, Elettroterapia antalgica e di stimolazione); lo staff è in grado di effettuare inoltre massoterapia e linfodrenaggio manuale, di applicare neurotaping o taping sportivo. Per quanto riguarda infine la rieducazione motoria e funzionale, è presente un ampio locale debitamente attrezzato, sul cui ingresso il cartello indica “Palestra”, ma  che io preferisco chiamare “L’Officina” dal momento che è un ambiente piacevolmente caotico, in cui lavorano simultaneamente più pazienti (ovviamente sempre in presenza di un Terapista), con problematiche diverse ma che si stimolano ed incoraggiano reciprocamente (e splendidamente) nella fatica comune. Non esiste una tecnica riabilitativa che venga preferita ad altre, ma, facendo tesoro degli insegnamenti ricevuti della Prof. Morosini, si mettono a disposizione del paziente le competenze di ogni tecnica più adatta al caso.

Accanto a tutto ciò, nei casi indicati, i corsi di perfezionamento seguiti negli anni rendono possibile integrare i trattamenti con medicina manuale, infiltrazione intra-articolari, mesoterapia, agopuntura omotossicologica e proloterapia, nonché osteopatia.

Le visite Fisiatriche erogate per conto del SSN vengono prenotate attraverso il CUP. Un disservizio per il paziente è sicuramente rappresentato dal fatto che, nonostante l’accreditamento istituzionale e sebbene in ripetute occasioni sia stata fatta inutilmente richiesta di modificare la situazione, al medico dell’Ambulatorio non è concesso l’utilizzo del Ricettario Regionale su cui prescrivere le terapie prescritte e gli eventuali ulteriori accertamenti richiesti a seguito della visita. Questo costringe il paziente ad un “pendolarismo” tra il proprio MMG e l’Ambulatorio, e pone il MMG in condizione di prescrivere “su indotto” di un altro specialista, se vogliamo anche svilendo la propria professionalità.

Per dare un’idea di tipologia di utenza, le patologie che seguiamo possono essere così rappresentate:

  • 35% eventi post-traumatici e post-chirurgici ortopedici;
  • 30% malattie cronico-degenerative dell’apparato osteo-artro-miofasciale;
  • 25% malattie acute dell’apparato osteo-articolare;
  • 10% malattie neurologiche croniche e stabilizzate.

Conditio sine qua non per accedere alla rieducazione motoria è la visita fisiatrica. In Regione Liguria esiste una normativa (D.R. n. 839 del 26/7/02) tale per cui la sede della visita è vincolante per l’effettuazione del programma terapeutico prescritto. Personalmente sono sempre stata una convinta sostenitrice di questo principio di continuità terapeutica, perché ho sempre ritenuto parte integrante della realizzazione del PRI il confronto continuo tra i tecnici della riabilitazione ed il Medico Fisiatra che ha redatto il PRI stesso; così come, a costo di farmi odiare dall’amministrativo che si occupa della stesura dell’orario di attività, ho sempre propugnato la continuità del rapporto paziente-terapista.

Ovviamente (ma purtroppo in alcune sedi non è così) anche per l’erogazione delle terapie fisiche è indispensabile una prescrizione medica (e anche in questo caso, mi viene tirato qualche accidente dalla parte Amministrativa dello studio, ma sicurezza dell’utente e questione Medico–legale devono necessariamente avere una posizione privilegiata rispetto a quella puramente economica).

L’Ambulatorio opera sia erogando prestazioni a carico del paziente, sia in convenzione con ASL (e quindi SSN) e INAIL. Dal momento che l’ASL stipula con l’istituto un contratto in cui viene annualmente stabilito un budget per le prestazioni a carico del SSN (che l’ambulatorio si impegna ad erogare, distribuendole nell’arco di 12 mesi), ma poiché la potenzialità erogativa dell’Ambulatorio è decisamente maggiore rispetto a quanto “acquistato” dall’ASL, esistono conseguentemente due liste d’attesa differenti per le prestazioni a carico del SSN e quelle a carico del paziente. Ovviamente, a causa dei budget sempre più ridotti dai vari tagli operati sulla sanità, i tempi d’attesa per le prestazioni erogate con SSN sono più lunghi (ma comunque sempre più contenuti rispetto a quelli proposti dalla struttura ospedaliera), ma il paziente è assolutamente libero di scegliere quale tempistica scegliere. Mi preme sottolineare che, a parte la differente lunghezza della lista d’attesa, la qualità delle prestazioni non varia nelle due modalità di accesso e tutti i nostri pazienti ricevono lo stesso livello di servizio, attenzione e cura.

Come noi Fisiatri ben sappiamo, la creazione dei LEA ha suddiviso le prestazioni riabilitative in “buone” e “cattive”. Le prestazioni “buone” sono quelle contemplate dal SSN e sono rappresentate prevalentemente dalle varie tipologie di rieducazione motoria e da alcune (pochissime) prestazioni di terapia fisica (almeno questa sarà la situazione sino alla prossima introduzione dei nuovi LEA del 2017, ma questa è un’altra storia). Le prestazioni “cattive” invece sono quelle il cui costo è a carico del paziente che decide di usufruirne e che spesso non sono disponibili nell’ambulatorio ospedaliero, ma solo in quello Privato Accreditato. Quest’ultima realtà ha fatto sì che localmente, purtroppo, in molti casi le Direzioni ospedaliere nei vari livelli hanno in qualche modo espresso una direttiva che limitasse le prestazioni prescritte dai fisiatri ospedalieri nell’ambito di quelle che rientrano nei LEA, onde evitare di suscitare recriminazioni in pazienti scontenti, che rigettassero l’ipotesi di dover sostenere il costo di una terapia. Purtroppo però la conseguenza naturale di questo comportamento, molto spesso è stata un’ipertrofia della diffidenza di alcuni pazienti nei confronti di chi, esercitando da fisiatra in un libero contesto Privato Accreditato, in assoluta indipendenza pur in coerenza con i risultati degli studi nazionali ed internazionali, ha continuato a prescrivere PRI attingendo da tutto il ventaglio delle prestazioni disponibili. Personalmente, ho sempre ritenuto che il mio lavoro fosse interpretare i sintomi ed i segni del paziente, fare una diagnosi e predisporre un PRI allo scopo di rimettere il paziente nelle migliori condizioni possibili per il suo caso, nel più breve tempo possibile. E’ poi una libera decisione del paziente stabilire se usufruire anche di quelle prestazioni che sarebbero a suo carico o meno, ma il mio dovere è comunque indicargli la via più breve per la stabilizzazione o la guarigione. Per nostra fortuna, in questi casi  ci supporta la convenzione con l’INAIL. Infatti, l’interesse dell’INAIL è ricollocare al più presto il proprio assistito sul  posto di lavoro e per fare ciò l’ente è disposto a investire economicamente, quindi rimborsa di propria tasca e direttamente tutte le prestazioni che sono state escluse dai LEA, ma che sono ben note per accelerare i tempi di recupero. Quando qualche paziente di fronte alla prescrizione di terapie fuori-LEA esprime la propria diffidenza, in Ambulatorio viene spiegato questo comportamento da parte dell’INAIL ed a quel punto generalmente il sospetto viene sconfitto. Ma non sempre è così.

In un recente articolo su queste pagine, Paolo Di Benedetto aveva stupendamente affrontato l’argomento della Fisiatria nell’Ambulatorio Privato Accreditato (o meno) e nell’Ambulatorio ospedaliero/pubblico; dalle sue parole emergeva la spinosa questione del “sospetto” di cui, chi esercita nel Privato, viene investito da alcuni pazienti ma anche da  alcuni colleghi ospedalieri. In queste righe ho cercato di raccontare briciole della mia esperienza personale, sottolineando alcune possibili cause di questa malsana diffidenza (anche se personalmente ritengo malsana qualsiasi diffidenza dal momento che ogni sua forma si fonda sulla “presunzione” di atti che non sono né provati né confermati). Chiunque abbia un briciolo di buonsenso conosce perfettamente l’importanza che la Medicina Fisica e Riabilitativa riveste sul territorio nella gestione sia della patologia acuta stabilizzata sia del paziente cronico. Parimenti, è ben noto a chi opera nel settore, che i costi per il SSN della gestione del paziente cronico o stabilizzato sono ormai insostenibili in una realtà ospedaliera: il mio “vecchio” Primario, ancora prima che mi laureassi, sosteneva che presto o tardi il paziente ambulatoriale sarebbe stato gestito esclusivamente degli Ambulatori. E anche io sono fortemente convinta che arriveremo a questo. Ecco perché sarebbe molto più costruttivo per tutti (ma soprattutto per il paziente) che in questo puzzle che rappresenta la riabilitazione, i pezzi combaciassero per sviluppare il quadro generale. È inutile e stupido insistere: il lavoro che ci siamo scelti è vincolato all’équipe e altrettanto le varie équipe devono collaborare per offrire al paziente il miglior servizio possibile. Perché è nostro dovere, e perché il paziente se lo merita.

Pertanto, concedetemi di chiudere, nonostante tutto, con una perla di saggezza di Charlie Brown: “…Non si completa un puzzle con pezzi uguali”.

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