Le cinque domande del fisiatra agli sportivi amatoriali.

Anno: 2024 - Vol. 9 / Fascicolo: 14 / Periodo: gen-mar

Autori:

Riccardo Bertoja

Studio Fisioterapico Medeghino, Milano


Per citare questo articolo: Bertoja R. Le cinque domande del fisiatra agli sportivi amatoriali. Fisiatria Italiana [Internet]. 2024 gen-mar; 9(14): 3-5.

Physiatrist’s five questions to amateur sportsmen

Abstract: the author describes the five main questions he asks to amateur sportsmen suffering from musculoskeletal problems regarding the practice of the sport they are passionate about

Keywords: amateur sportsmen, musculoskeletal injuries

Nella mia vita quotidiana di Medico Fisiatra, che svolgo da 30 anni, sia in ambito ospedaliero che ambulatoriale, incontro spesso sportivi amatoriali con problemi muscolo-scheletrici.

Lo sportivo amatoriale pratica abitualmente il proprio sport con intensità, passione e dedizione, e questo fatto si scontra spesso con il poco tempo a disposizione per allenarsi, la scarsa conoscenza dei metodi di allenamento, la preparazione insufficiente alle competizioni, lo svolgimento scorretto delle competizioni.

Pertanto, si verificano lesioni che generano dolore fisico, impotenza funzionale e di conseguenza frustrazione e disagio psicologico.

Capita quindi che lo sportivo amatoriale si sottoponga ad una visita fisiatrica con grandi aspettative, e speranze di completo recupero, possibilmente in breve tempo.

Il medico, soprattutto se giovane e inesperto, deve prestare attenzione alle risposte che dà, e prima di parlare è opportuna una riflessione aperta e condivisa con il paziente.

I momenti in cui si sviluppa questa riflessione sono essenzialmente due.

In un primo momento, è necessario partecipare sinceramente ed emotivamente all’angoscia dell’atleta bloccato dall’infortunio, dichiarando che ogni energia fisica e mentale del Dottore sarà dedicata, se sarà possibile, (sottolineando la parola “se sarà possibile”) al completo recupero funzionale dell’amatore, ed alla conseguente ripresa dell’attività fisica prediletta.

Il medico garantisce cioè il 100% di impegno e responsabilità, ma non può (e non deve) garantire i risultati.

Questa affermazione determina comunque l’immediata empatia del paziente nei confronti del medico, considerato da questo punto in poi un alleato, un professionista che “fa il tifo” per il paziente, e cerca di far godere al paziente lo sport amato.

Tale situazione favorevole prepara il terreno ad una seconda riflessione, un secondo momento, più importante, più “tecnico” e solitamente meno piacevole da ascoltare per il paziente.

“A questo punto”, dice il Dottore, “ti farò cinque domande per capire insieme a te in che condizione ti trovi”.

1) “A che età hai iniziato a praticare questo sport, ovvero: il tuo corpo è cresciuto insieme allo sport che pratichi ora, o hai iniziato da adulto?”

2) “Pensi che il tuo corpo sia costituzionalmente adatto allo sport che pratichi?, e cioè il tuo biotipo è quello giusto per il tale sport?”

3) “Pensi che il tuo gesto atletico sia corretto?”

4) “Quale pensi sia il tuo limite nelle prestazioni del tuo sport, per poterlo praticare a lungo e goderne i benefici, senza infortuni?”

5) “Qual è il tuo stile di vita? (rapporto tra ore di lavoro e tempo dedicato allo sport, ore di sonno, alimentazione, alcool, fumo, eventuali stupefacenti, ecc)

Nella mia attività clinica quotidiana trovo che queste cinque domande abbiano un impatto significativo sul paziente, che percepisce preparazione e competenza da parte del Medico, ma capisce anche che è opportuno un proprio esame di coscienza.

Di solito, dopo aver riflettuto, il paziente intelligente si pone spontaneamente nel corretto stato di alleanza terapeutica con il medico.

1) riconosce le proprie “responsabilità” riguardo alla decisione di aver cominciato in tarda età l’inizio dell’attività sportiva.

2) accetta nella peggiore delle ipotesi il concetto che il suo corpo non è adatto a praticare un determinato sport, e che è opportuno cambiare.

3) cerca di migliorare il gesto atletico e la preparazione atletica affidandosi ad un bravo allenatore.

4) rimodella gli obiettivi, cioè non esagera, per restare al di sotto della “soglia di infortunio”.

5) intraprende uno stile di vita corretto.

Se ciò accade, il paziente viene incanalato in un circolo virtuoso, che lo predispone a raggiungere risultati soddisfacenti ed a godere per tanti anni il piacere di praticare lo sport che ama.

Con questa riflessione si evitano anche incomprensioni nel rapporto medico-paziente, che a volte possono portare, a causa dell’intensa passione e tensione sportiva, ad attribuire erroneamente al medico la responsabilità dei risultati mancati.

Mi è capitato, in pochissimi casi, che il paziente lasciò il mio studio, infastidito dalla serena chiarezza di queste domande.

È comprensibile, va accettato, non è una sconfitta del Medico, lo attribuisco alla passione e alla tensione competitiva con cui lo sportivo amatoriale agisce.

Il rischio per questi pazienti insoddisfatti che se ne vanno, tuttavia, è elevato, perché un antico proverbio medico dice che “se consulti tanti dottori, prima o poi troverai quello che dice ciò che vorresti sentirti dire…”.

L’autore dichiara l’assenza di conflitti di interessi.

L’autore dichiara di non aver ricevuto finanziamenti.

* Corresponding author: Riccardo Bertoja (fisioterapia.medeghino@gmail.com)

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