Approfondimento sulle Case di Comunità

Anno: 2025 - Vol. 10 / Fascicolo: 20 / Periodo: lug-set

Autori:

Donatella Bonaiuti

Medico specialista in Medicina Fisica e Riabilitativa
Direttivo Associazione Nazionale Fisiatri ANF


Con l’avvio delle Case di Comunità, previsto dal D.M. 77/2022, è fondamentale chiarire il quadro normativo e le competenze delle figure sanitarie coinvolte. I limiti di tali ambiti sono stati ribaditi dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 8411 del 6 giugno 2023, che ha annullato il riconoscimento di una figura professionale inesistente, evidenziando come non sia possibile attribuire ai fisioterapisti competenze riservate ad altre professioni sanitarie né istituire nuove figure professionali non previste dalla normativa vigente.

Conoscere chiaramente le competenze e i limiti delle varie figure professionali è essenziale per garantire sicurezza, efficacia e appropriatezza degli interventi, contenere la spesa sanitaria – elemento particolarmente critico in questi anni di risorse sempre più scarse per il SSN – e valorizzare un approccio integrato alla prevenzione e alla riabilitazione nelle Case di Comunità, a beneficio dei cittadini e dell’intero sistema sanitario.

Nell’ambito di un approccio “moderno” e “organizzativamente avanzato”, spesso queste operazioni vengono definite “task shifting” e “task sharing” (cfr. articolo su QS di Proia e colleghi, 11 settembre 2025). Tuttavia, tutti coloro che hanno a cuore la salute dei cittadini non possono ignorare la grave deriva del dibattito attuale e alcune scelte regionali in tema di organizzazione sanitaria, soprattutto quando si tratta di avvicinare strutture sanitarie e popolazione tramite le Case di Comunità.

Si richiama a questo proposito l’intervento su Il Sole 24 Ore del 9 dicembre 2024 di Leonardo Capaccioli, responsabile dell’ordine Tsrm-Ptsrm delle province toscane, che chiarisce le stesse preoccupazioni: “Il task-shifting può assegnare compiti specifici a personale con minore formazione, riducendo così il valore percepito della professionalità e delle competenze degli operatori qualificati, portando a una perdita di identità professionale. Il task-sharing è la sovrapposizione di competenze tra professioni che può creare confusione, conflitti di ruolo e riduzione della qualità dell’assistenza. Delegare compiti complessi a personale meno qualificato e non laureato potrebbe compromettere la sicurezza delle prestazioni sanitarie, aumentando il rischio clinico per i pazienti.”

Proprio l’aumento del rischio clinico dei pazienti è il punto che intendiamo porre all’attenzione di tutti.

In questa fase storica, fondamentale per la salute dei cittadini, le Regioni stanno istituendo e concretizzando un prezioso strumento di nuova accessibilità alle cure, le Case di ComunitàLa nostra Associazione richiama pertanto i fondamenti organizzativi di qualsiasi struttura sanitaria, derivati dall’organizzazione delle scuole di formazione delle professioni sanitarie e da precisi riferimenti normativi, inclusi quelli del codice penale.

Non si può, nell’iniziale intento di ridurre la spesa sanitaria coinvolgendo livelli “inferiori” in attività per le quali non sono formati, svolgere compiti riservati ad altre professioni sanitarie o istituire nuove figure professionali non previste dalla normativa vigente.

Ogni professionista sanitario ha un compito specifico ed essenziale nella cura delle persone, ma i professionisti sanitari non medici non possono: formulare diagnosi mediche; prescrivere farmaci o dispositivi medici; assumere decisioni terapeutiche autonome al di fuori del proprio ruolo.

Le conseguenze di una sovrapposizione di competenze non riguardano solo l’evasione del compito prioritario di offrire una sanità qualificata e aggiornata secondo le acquisizioni scientifiche, ma anche la responsabilità professionale. Come sottolineato nell’articolo su Il Sole 24 Ore“L’ambiguità normativa e la responsabilità legale rappresentano un problema concreto. Il trasferimento o la condivisione di compiti può creare incertezze su chi sia responsabile in caso di errori. La mancata chiarezza sui limiti di competenza può esporre i professionisti a controversie legali, e la promiscuità delle competenze tra professionisti può indebolire i confini delle singole professioni, con effetti negativi sulla loro autonomia e capacità di negoziare diritti e tutele.”

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