Piano nazionale per la cronicità/2



di Donatella Bonaiuti

Hai ragione cara Bruna, per tutto quello che hai scritto in merito alla nuova sfida che ci viene posta per il piano cronicità. La mia preoccupazione, però , è quella di caratterizzare il nostro intervento, e di dargli un ruolo ben definito, pur nel confronto e nella condivisione con i colleghi specialisti d’organo.
Mi interessa affermare che noi interveniamo in modo specialistico nei problemi di “funzionamento”, quindi, come affermato nel Position Paper, nei confronti della “persona in condizioni di cronicità e disabilità”, e solo dove questi problemi esistono o anche in prevenzione di un loro peggioramento. Il problema della “fragilità” è di competenza di altri, e così quello della “cronicità” senza disabilità. E per valutare la disabilità abbiamo specifici strumenti di lettura dei bisogni della persona che vanno dall’obiettività fisiatrica alla valutazione strumentale, dall’esame cinematico alle scale di misura, dall’ecografia agli esami biochimici ecc. che vengono interpretati e “letti” con la persona interessata e i suoi familiari, come usualmente cerchiamo di fare nella stesura del Progetto Riabilitativo Individuale con il team riabilitativo.
Non voglio svolgere una funzione che duplichi quella di altri specialisti, ma voglio contribuire alla comune gestione corretta e efficace del problema della cronicità con quello che so fare specificatamente come fisiatra.
Se riusciamo a diffondere queste nostre competenze, pur mantenendo, come giustamente ricordi tu, un atteggiamento collaborativo e di confronto, senz’altro possiamo affrontare questa sfida senza sprecare risorse, in modo efficace ed efficiente per i nostri pazienti, e senza soffrire di problemi di identità.

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