Con molto piacere pubblichiamo un capitolo dell’ultima fatica di Renato Avesani, non solo per la stima che ci lega, ma soprattutto perché sappiamo che per Renato non é stata una fatica, ma una testimonianza vera,da parte di chi le cose le ha fatte e per questo ne puó parlare, scritta con il giusto tono e con la capacitá di offrire letture anche sufficientemente ironiche e leggere, di un mondo che raccoglie tante sfaccettature diverse e qualche volta drammi esistenziali tanto importanti. Il capitolo che offriamo ai nostri lettori riguarda i congressi. Tutto il libro è dunque un modo ironico e semiserio per mettere in luce problematicità del mondo della riabilitazione, ma è anche un libro che guarda con tenerezza alla nostra Disciplina ed al mondo che ci appartiene e crediamo farebbe un gran bene a molti fisiatri. Si può acquistare su Amazon semplicemente scrivendo il solo titolo ” In punta di mani”. Per Verona è nelle librerie Cortina, Minotauro, Libre.
«Scusi, lei è un “dottore” dottore?».La domanda , spesso “lanciata”addosso all’Autore, medico fisiatra,da pazienti e familiari in modo impertinente (e pure solo “pensata”dai colleghi medici), rivela un profilo essenziale del contenuto di questo libro. Il profilo di mani che palpano,curano, parlano, accarezzano,aiutano. Medicina del tatto quantomai necessaria in questi tempi bui di non prossimità, “touch” virtuale, lockdown claustrofobico e fame tattile. Terapia che riabilita nella reciprocità e racconta di relazioni significative, grazie alle quali ilmondo reale acquista significato. Fino alla scoperta che “il tatto è laprima lingua e l’ultima, e dice sempre la verità”.(Margaret Atwood).
E’ proprio vero. Una simpatica e amara triste presa in giro e una spassosa descrizione di molte realtà congressuali…
Ho riso rivivendo nella memoria molti congressi a cui ho partecipato anche se, a dire il vero, è da molto che non vado più ad un congresso 🙂
I Congressi non servono più a nulla. La cultura gira per altri canali. Non servono più nemmeno per andare a parassitare gli sponsor in quanto non ci sono più soldi.
Siamo alla fine di una era…
Mi dispiace per i giovani colleghi che avranno una vita più dura, ma spero più “reale”.