Il Fisiatra : Quale Professione ,  Quale Futuro ?



 

 

diAlessandro Giustini

Il mondo della medicina è al centro di una grande evoluzione scientifica e sociale, e la riabilitazione ne è forse uno dei punti focali perché collega lo sviluppo delle cure alla possibilità di realizzare in tempi anche brevi dei miglioramenti concreti nella qualità di vita della persona presa in cura : cresce la domanda dalla Comunità e parallelamente cresce la capacità di intervenire sempre meglio su menomazioni e disabilità precedentemente non trattabili con altrettanto successo .

Il punto di origine di tutte le attività riabilitative, e delle connesse nostre responsabilità professionali ed organizzative,

sta nel diritto della persona, a fronte di qualunque menomazione e/o disabilità che alteri anche transitoriamente

la sua autonomia e autosufficienza, di poter ricevere tempestivamente ,in forma condivisa e verificabile, valutazione diagnostica, prognosi e, se possibile, trattamento adeguati al problema, e globalmente correlati alla complessità bio-psico-sociale dell’individuo,. Un termine che rappresenta molto bene questo complesso di attività e di diritti della persona a cui è finalizzata la riabilitazione è “functioning” potremmo tradurre “ attiva partecipazione sociale” verso la società inclusiva.

Questo diritto si correla all’omologo dovere della società, in particolare in presenza di un Sistema Sanitario Generalista come il nostro, di garantire a tutte le persone ogni strumento idoneo al mantenimento, il più a lungo possibile e al massimo livello possibile, della propria autonomia per la partecipazione ai compiti sociali, nonché all’esigenza della società stessa di ottimizzare e nel contempo di verificarne l’utilizzo rispetto a parametri di efficacia/efficienza, soddisfazione dell’utente e sostenibilità complessiva.

Tutto ciò si incardina prima di tutto nel rapporto di presa in cura della persona che presenta questi problemi da parte del Medico Fisiatra nelle diverse modalità , procedure e tempi appropriati alla situazione.

Il Progetto Riabilitativo Individuale rappresenta il percorso operativo possibile, condiviso oramai a livello internazionale come strumento di sintesi della valutazione , prescrizione e prognosi riabilitativa, per raggiungere un ottimale stato di benessere, di partecipazione e di salute; in esso vengono guidate e sintetizzate le competenze e le attività dei diversi operatori coinvolti (fino alla costruzione quando necessario del team) e delle diverse strutture , luoghi e tempi di trattamento nelle diverse fasi del percorso riabilitativo. In questo senso ogni Fisiatra deve cooperare con i colleghi delle altre fasi e strutture per dare unitarietà e continuità al PRI dalla fase di raccolta dei dati per definirlo alla fase di fornitura di ogni prestazione e verifica : quindi cultura, strumenti professionali, linguaggio unitari e condivisi a tutti i livelli.

Il Progetto Riabilitativo Individuale, che definisce e verifica tutti i contenuti di questo cammino concreto verso il recupero dell’autonomia possibile ha l’esigenza di esser fondato su precisi elementi di esperienza professionale e chiari dati scientifici, ma ha prima di tutto l’esigenza di esser compreso, accettato e partecipato dalla persona : essenziale è quindi il ruolo di fulcro del Fisiatra nel rapporto di fiducia, di affidamento per ogni aspetto della presa in cura

Progetto Riabilitativo Individuale

❯ Valutare la persona ed il contesto

❯ Definire cure ed obiettivi

❯ Stabilire mezzi e risorse

❯ Informare e costruire il consenso

❯ Coinvolgere gli operatori

❯ Condividere le azioni

❯ Definire programmi, responsabilità, step e verifiche.

La Fisiatria non è una disciplina molto vecchia, ma ha radici solide, estese e molto vitali ; radici che possono ancora espandersi collegandosi sempre meglio ad altre culture non solo biomediche ma (come è stato fin dalle prime origini per noi ) anche tecnologiche ed umanistiche .

In queste radici si mescolano esperienza professionale sul campo , informazione scientifica e formazione continua ma vorrei dire prima di tutto ricerca di nuove possibilità (e quindi ipotesi, dubbio e speranza) , il tutto raccordato come è peculiare in ambito fisiatrico, alla verifica costante nel rapporto umano con le persone, al confronto con la loro soggettività individuale e con le problematiche relazionali e della vita nella comunità.

In queste radici, accanto alla basilare competenza medica biologica e farmacologica , risalta una peculiare ricchezza che possiamo sintetizzare (Tesio ) in 2 componenti :

_ La componente “fisica”, intesa come modalità operativa. Cioè prima di tutto mezzi per le cure, ausili, modifiche e compensi, tecnologie, ma al tempo stesso attenzione ed intervento nel contesto ambientale complessivo della persona ; contesto che interagisce positivamente / negativamente con la persona e le sue problematiche, definendone lo stato di salute e di attiva partecipazione sociale .

_ La componente “abilitativa / riabilitativa”, intesa come complessiva finalità e misura di ogni intervento, come scopo e giustificazione di tutto , per conseguire la ottimale condizione di salute soggettiva per la persona.

Tali due componenti si integrano, potenziandosi a vicenda e con le altre competenze biomediche sia nella ricerca che nella clinica, e proprio nella attuale trasformazione della domanda di salute stanno dimostrando il massimo delle loro potenzialità e del loro intrinseco grande valore. Vi è una evidente e forte sinergia tra mezzi e scopi che arricchisce entrambi.

Un intervento medico tradizionale ha come obiettivo il processo di malattia; magari prende in considerazione anche il contesto, solo però come fattore influenzante lo stesso processo di malattia. Al contrario, l’atteggiamento clinico e di ricerca del Fisiatra non separa mai i processi di malattia dalla unitarietà dell’individuo e delle sue relazioni attive e passive con il contesto in cui è inserito; anzi è sempre consapevole che il fattore determinante è proprio la relazione e non sono le condizioni biologiche isolate .

Potremmo utilizzare il termine “olistico oppure ecologico” per sottolineare questa essenziale caratteristica del nostro modo di stabilire e condurre ogni relazione terapeutica.

In un intervento medico tradizionale, le valutazioni e la prognosi sono orientate sulla separazione analitica dei singoli fattori bio-patologici che vengono poi integrati razionalmente in una sommatoria complessiva; viceversa un’ottica primariamente riabilitativa porta a considerare come primum movens proprio  l’insieme (funzionale, emozionale, motivazionale e attitudinale) ed è solo su questo che si concentrano in modo sintetico i parametri per determinare modalità, limiti e obiettivi della presa in cura.

Se le condizioni di salute come ben sappiamo sono la risultante di un complesso e ampio numero di fattori diversi, altrettanto complesso, sinergico e articolato deve esser il percorso terapeutico per raggiungere il massimo livello di ricostruzione e mantenimento possibile, nonostante talvolta le singole condizioni patologiche siano gravemente e cronicamente evolutive, oppure che abbiano persino una prognosi infausta quoad vitam.

Si è sottolineato questo aspetto affermando che, mentre la Medicina lavora contro le malattie e le loro conseguenze, la Medicina Fisica e Riabilitativa lavora per il “functioning” ciò per la capacità di “funzionare” e di “fare” delle persone, nonostante malattie ,traumi e loro conseguenze !

Senza dubbio, a partire dagli anni 70, le idee che crescevano nel WHO, le Direttive del Consiglio d’Europa, il dibattito attorno all’ICIDH e, in parallelo, attorno al Documento Internazionale sulla Riabilitazione fondata sulla Comunità (Community Based Rehabilitation), e infine la definizione dell’ICF hanno fornito potenti stimoli e anche forti elementi per chiarire metodi ed obiettivi per il lavoro riabilitativo (Stucki ,Melvin, Grimby, Ustun, ). La Convenzione ONU sui diritti di disabili ed ICF hanno ufficializzato per tutti un linguaggio , un modo di pensare e di operare che peraltro erano sempre stati i nostri nella crescita della professione in Italia.

 

La nostra Società di Medicina Fisica e Riabilitazione è nata appunto per consolidare una tale   evoluzione professionale che avveniva giorno per giorno sul campo, con mezzi talvolta semplici ma con grande impegno nella presa in cura, con grande e continua relazione con i pazienti, con grandi risultati che hanno fatto crescere ruolo e stima per i Fisiatri .I Fisiatri molto spesso erano da soli a lavorare negli Ambulatori e negli Istituti ma hanno saputo condividere e diffondere alcuni principi essenziali (la globalità di presa in cura , la centralità della persona e non degli organi o delle patologie, la centralità degli obiettivi funzionali per misurare i risultati, l’utilizzo sempre delle proprie mani per valutare   e dei mezzi fisici per aiutare il recupero ..) che hanno costituito la chiave del successo della Fisiatria in Italia più e prima che in tanti altri Paesi : in questo successo la SIMFER ha svolto un ruolo grandissimo di aggregazione e sostegno ai singoli ,di comunicazione ed informazione interna ed esterna.

A cosa serve un Società Medica principalmente se non a far incontrare i Professionisti che lavorano nello stesso settore e nello stesso modo, a far emergere i principi essenziali per questo modo di lavorare, perché sia efficace, condiviso e riconoscibile. Mentre la Società lavorava per  la Professione e la sua crescita , abbiamo costruito al tempo stesso il Sindacato per avere lo strumento specifico per la difesa normativa  della Professione . I fisiatri posso unirsi, aggregarsi e rafforzare la Società solo se riescono a riconoscersi tra loro , se riconoscono comuni interessi, obiettivi e metodologie culturali e di lavoro . Anche se ci occupiamo di disabilità e riabilitazione in relazione a problematiche cardiologiche, muscolo-scheletriche, neurologiche, respiratorie, oppure oncologiche ovvero dell’età infantile od anziana la nostra modalità di lavoro come ho cercato di sintetizzare precedentemente   rimane sempre molto diversa da quella di Ortopedici, Cardiologi, Pneumologi, Reumatologi ed altri specialisti che si sono anche avvicinati a questi temi ma rimangono pur sempre vincolati da una impostazione frammentaria e non sono riusciti a sviluppare una capacità di presa in cura della persona nel suo complesso ; talvolta questo “salto di qualità” pure avviene ed allora si percepisce la differenza culturale professionale . E’ per questo che giustamente la nostra Società non è vincolata ad una Disciplina universitaria ma solamente all’interesse ed all’impegno professionale nella Riabilitazione: questo apporto da molte fonti culturali e professionali ha contribuito a far crescere la Fisiatria e la Società .Ed in fondo oggi quando ci viene richiesto un Curriculum Professionale ci vengono richieste prima di tutto le casistiche, le esperienze professionali   che abbiamo realizzato, nonché la formazione che continuamente abbiamo sviluppato per questi impegni e per migliorarne i risultati.

 

Ricerca, formazione, congressi, pubblicazioni , università sono strumenti importantissimi per questo processo ma non dobbiamo perder di vista il perno centrale che resta sempre la qualità della Professione, la sua validità confermata prima di tutto dai pazienti che prendiamo in cura ( numero, ma prima di tutto soddisfazione dei loro bisogni ed aspettative ) altrimenti gli stessi strumenti possono divenire secondari e vuoti di significato.

Stiamo attendi a non commettere l’errore di perdere di vista anche noi la globalità ed unitarietà della nostra visione professionale della persona che ci chiede una cura che è la nostra caratteristica fondante e vincente: continuiamo a lasciare volentieri agli altri laureati in medicina la passione per il frammento, per la cellula e per l’organo.

 

I diversi fattori che hanno orientato e consolidato questa crescita sono oggi ancora più evidenti degli anni scorsi ed a buon diritto possiamo oggi esser chiamati, come i colleghi USA, “physician for the disabled” cioè il Fisiatra è nei fatti   il medico del disabile e questa è la sua forza.

Questo in sintesi è quasi un ritorno alla radici da cui nel nostro Paese è nata la Fisiatria : gli ambulatori, i primi centri di riabilitazione, i primi letti ospedalieri dove i fisiatri, pur se con una formazione molteplice e non del tutto adeguata, hanno saputo , con impegno personale ed entusiasmo, costruire progressivamente la professione, costruire la credibilità prima di tutto verso   persone e famiglie che cercavano soluzioni alle più diverse condizioni di disfunzioni, menomazioni, limitazioni temporanee o permanenti   a carico delle più diverse capacità funzionali della persona

Sono altrettanto evidenti i rischi di interrompere questa crescita perché la   cultura del mondo medico ed amministrativo non ha ancora del tutto compreso e condiviso la nostra impostazione che mette al centro la globalità e complessità della presa in carico dei diritti e dei bisogni di salute e della autonomia delle persone, collocando le patologie ed il loro trattamento al loro giusto posto di elementi del processo globale   che ha come scopo e giustificazione questo obiettivo complessivo per i singoli individui e per le comunità : impostazione che peraltro è quella del WHO e dell’ONU !

In un momento di profonda crisi economica e di trasformazione sociale dovrebbe esser proprio il momento dei cambiamenti e delle profonde innovazioni, ma chi detiene i poteri cerca di conservarli e si può anche rischiare di tornare indietro invece che innovare.

 

La dimostrazione più evidente e recente è la crescita del problema della Cronicità (numeri, qualità e varietà dei problemi, costi..) : noi non possiamo esser uno dei tantissimi Specialisti che (a buon diritto o per difendere orticelli ) pensano di partecipare a questo Tavolo frammentando il problema e quasi spezzettando il paziente. Poi i Medici di Medicina Generale che stentano a ripensare il proprio ruolo ed arrivano gli Infermieri che contestano tutti pensando di ritagliarsi un loro spazio .

Nel frattempo quello che è il punto critico per le persone che dovremmo prendere in cura e che sono le molteplici condizioni di disabilità che i processi di cronicizzazione producono (collegati quasi sempre con l’età) passa in ultimo piano. Si analizzano i processi di erogazione e controllo dei farmaci e della diagnostica, le modalità per i ricoveri ospedalieri, in sintesi si analizzano prima di tutto i costi .

Spetta a noi proporre e difendere una ipotesi di lavoro che cambi profondamente il quadro ; è necessario un sistema di interventi e servizi alle persone con problematiche croniche che risponda non soltanto alla ripetizione di diagnosi ed accertamenti da un lato, e neppure soltanto ad un bisogno generico di assistenza a domicilio o residenziale, ma che incardini questi aspetti quando necessari o utili, in una visione che dia risposte alla qualità di vita ( moltissimi anni spesso ) che queste persone debbono trascorrere convivendo nel modo migliore con le proprie disabilità che verosimilmente potranno aggravarsi anche se le patologie verranno ben controllate.

Nel Piano di Indirizzo la Società ha impostato questa prospettiva con il modello del Dipartimento di Riabilitazione territoriale e transmurale    ed è senza dubbio la soluzione giusta.

Peraltro è anche la strada al tempo stesso per mettere   giustamente al centro della rete riabilitativa i sempre più numerosi colleghi che lavorano fuori dalle strutture di degenza, in contatto diretto e quotidiano con i cittadini (non solo per la cronicità ovviamente) e sono in grado di dare risposte efficaci, personalizzate, durature e modificabili ma sempre in relazione con il contesto di vita,  ai loro problemi di disabilità facendo crescere diffusamente la Riabilitazione , innovando le attività e qualificando la professione.

Essi sono le pietre angolari per la prevenzione ed il contenimento delle disabilità di ogni genere, in particolare nelle condizioni di cronicità, se vogliamo mantenere per queste persone positivi legami con il contesto di vita sia nei propri domicili che nelle residenze eventualmente necessarie, come pure sono terminali indispensabili per la completezza ed efficacia dei PRI dei pazienti della post-acuzie che altrimenti possono rischiare di esser vanificati .

 

Alessandro Giustini

 

CAPITOLO 2

 

 

 

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