Richiesta indennità accompagnamento: il ruolo del Fisiatra

Anno: 2020 - Volume 5 / Fascicolo: 1 / Articolo: 23 / Periodo: ott-dic

Autori:

*Francesca Santangelo, ˆAccursio Miraglia

*Libero professionista, Sciacca (Agrigento) – Italy
ˆCentro Educazione Psicomotoria, Sciacca (Agrigento) – Italy


Per citare questo articolo: Santangelo F, Miraglia A. Richiesta indennità accompagnamento: il ruolo del Fisiatra. Fisiatria Italiana [Internet]. 2020 ott-dic;5(1):82-84. Disponibile su: https://www.fisiatriaitaliana.it/richiesta-indennita-accompagnamento-il-ruolo-del-fisiatra

L’indennità di accompagnamento è una prestazione economica di assistenza non reversibile, erogata dall’INPS su richiesta a favore dei cittadini per i quali è stata accertata la totale inabilità lavorativa (100%),  che siano residenti in forma stabile in Italia, indipendentemente dal reddito personale annuo e dall’età.

Per ottenere l’assegno in oggetto deve essere inviata l’apposita domanda e, accertata la sussistenza dei requisiti sanitari e amministrativi previsti, la prestazione economica viene corrisposta per 12 mensilità, a partire dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda o, eccezionalmente, dalla data indicata dalle commissioni sanitarie nel verbale di riconoscimento dell’invalidità civile inviato dall’Istituto. Il pagamento dell’indennità, pari a 520,29 euro per l’anno 2020, viene sospeso in caso di ricovero a totale carico dello Stato per un periodo superiore a 29 giorni.

Qualora la domanda venga respinta, contro il giudizio espresso dalla commissione medica dell’INPS è possibile promuovere ricorso giurisdizionale dinanzi al Giudice del Lavoro entro 6 mesi dalla notifica del verbale sanitario.

Le condizioni sanitarie previste per la concessione dell’indennità di accompagnamento consistono alternativamente nella impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore, ovvero nella incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita senza continua assistenza. 

Per “atti della vita quotidiana” si intendono quelle azioni elementari e anche relativamente più complesse non legate a funzioni lavorative, tese al soddisfacimento di quel minimo di esigenze medie di vita rapportabili ad un individuo normale di età corrispondente. 

In particolare sono atti elementari: fare il bagno (ricevere assistenza nel lavare non più di una parte del corpo); vestirsi (escluso l’allacciarsi le scarpe); uso del gabinetto (recarvisi con ausili, pulirsi e rivestirsi da solo); mobilità (alzarsi e sedersi sulla sedia senza appoggiarsi, usare il bastone); continenza (controllo completo di feci ed urine); alimentazione (escluso il tagliare la carne).

Sono atti strumentali della vita quotidiana la capacità di usare il telefono, di fare acquisti e gestire il denaro, di preparare il cibo, di governare la casa, di cambiare la biancheria, di usare i mezzi di trasporto, di essere responsabili nell’uso dei farmaci, di essere capaci di maneggiare il denaro.

La giurisprudenza di legittimità ha chiaramente affermato che il beneficio spetta anche in caso di incapacità ad eseguire anche uno soltanto degli atti del vivere quotidiano, purché abbia cadenza quotidiana nella vita del paziente, come stabilito dalla Suprema Corte, che con sentenza n. 13362 dell’11 settembre 2003 afferma che “La situazione di non autosufficienza che é alla base del riconoscimento del diritto in esame è caratterizzata, pertanto, dalla permanenza dell’aiuto fornito dall’accompagnatore per la deambulazione, o dalla quotidianità degli atti che il soggetto non è in grado di svolgere autonomamente: in tale ultimo caso, è la cadenza quotidiana che l’atto assunte per la propria natura a determinare la permanenza del bisogno, che costituisce la ragione stessa del diritto”. 

È stato inoltre chiarito che non assume alcuna rilevanza ai fini del riconoscimento all’indennità in esame la circostanza che la necessità di un concreto e fattivo aiuto fornito da terzi sia perdurante per l’intera giornata potendo anche momenti di attesa, qualificabili come assistenza passiva, alternarsi nel corso della giornata a momenti di assistenza attiva, nei quali la prestazione dell’accompagnatore deve concretizzarsi in condotte commissive (Cassazione 5784/2003).

Occorre specificare che non sono solo le difficoltà motorie invalidanti a dare diritto all’indennità di accompagnamento e come le condizioni di invalidità che stanno alla base di tale diritto non vadano considerate solo come mera esecuzione di un compito motorio semplice, bensì come capacità di utilizzare tutte le apparecchiature e strumentazioni necessarie alla sopravvivenza e capacità di autodeterminarsi. 

Con sentenza del 21.01.2005 n° 1268  la Suprema Corte Cassazione ha stabilito che “corollario delle diverse statuizioni dei giudici di legittimità è la configurabilità di un diritto all’indennità di accompagnamento in relazione a tutti quelle malattie che, per il grado di gravità espresso, comportano una significativa degenerazione del sistema nervoso ed una limitazione delle facoltà cognitive (ad es.: Alzheimer, gravi forme di vasculopatia cerebrale, ritardo psicomotorio, patologie psichiatriche ecc…), o significativi deficit motori (ad es.: Parkinson, SLA, Sclerosi multipla, emiplegie ecc…), o che cagionano infermità mentali con limitazioni dell’intelligenza (ritardo psicomotorio) e che, nello stesso tempo, richiedono una giornaliera assistenza farmacologia al fine di evitare aggravamenti delle già precarie condizioni psico-fisiche nonché incombenti pericoli per sé e per altri (es. psicopatie con incapacità di integrarsi nel proprio contesto sociale, o forme di epilessia con ripetute crisi convulsive, controllabili solo con giornaliere terapie farmacologiche).

Sono queste condizioni patologiche che rendono a diverso titolo necessaria una continua assistenza giornaliera, giustificante il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento, in attuazione di quegli obblighi di assistenza sociale, il cui adempimento si mostra indispensabile per infermità che, come attesta la realtà fattuale, sono sempre più spesso destinate a gravare sulla vita delle famiglie che vedono uno dei loro componenti colpiti dalle suddette malattie.

In un siffatto contesto ricostruttivo va rimarcato come la capacità del malato di compiere gli elementari atti giornalieri debba quindi intendersi non solo in senso fisico, cioè come mera idoneità ad eseguire in senso materiale detti atti, ma anche come capacità di intenderne il significato, la portata, la loro importanza anche ai fini della salvaguardia della propria condizione psico-fisica.  

Infine la Suprema Corte, (Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 22 ottobre – 27 novembre 2014, n. 25225ha specificato che l’inabile al lavoro, ma in grado di camminare, ha comunque diritto all’accompagnamentose necessita di essere accompagnato per qualsiasi acquisto nei negozi, di avere preparati i cibi e serviti, oltre che di aiuto per ogni operazione di governo della casa. 

Al momento della presentazione della domanda amministrativa per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento la parte richiedente deve allegare la documentazione sanitaria comprovante l’impossibilità del malato di deambulare o compiere autonomamente gli atti della vita quotidiana. In tal senso occorre aver chiare le caratteristiche che tale documentazione deve avere: è di fondamentale importanza che la documentazione (preferibilmente di struttura pubblica) contenga delle relazioni corredate da un esaustivo esame obiettivo e, possibilmente, che venga evidenziata la necessità di assistenza continua per il malato; la documentazione strumentale, per quanto utile, deve essere considerata come un corollario alle certificazioni cliniche poiché è raro che referti di imaging, esami elettrodiagnostici, ematochimici (e altri) possano “certificare” la necessità di assistenza continua. 

Non è infrequente che il soggetto adibito a giudicare i vari casi (commissioni INPS o Consulente tecnico d’ufficio nominato dal Giudice del Lavoro) e la relativa documentazione si trovi a visionare dei referti sostanzialmente inutili al conseguimento dello scopo. In tal senso anche le modalità di stesura del referto medico-clinico e le modalità di valutazione del paziente sono importanti. 

Poiché il parametro da valutare è l’autonomia del paziente, è fondamentale che l’esame obiettivo non consideri “l’organo” malato ma il malato in sé, nella sua interezza e totalità. Appare consequenziale che la figura del Fisiatra, avendo un approccio olistico alla persona, possa essere centrale nella stesura di relazioni cliniche funzionali alla richiesta dell’indennità di accompagnamento, poiché ha competenze per valutare ed affrontare le problematiche relative alla limitazione dell’autonomia e della partecipazione del soggetto in relazione al proprio ambiente fisico, familiare, lavorativo e sociale. 

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  1. Complimenti!!!
    Questo è un argomento importante, in quanto le Commissioni tengono in seria considerazione le relazioni del neurologo e/o del fisiatra!
    Consiglio a tutti i colleghi di compilare un buon referto, fornito di una sintesi anamnestica (ivi compreso il trattamento farmacologico in corso), un esame obiettivo accurato corredato da un MMSE e dalla compilazione di ADL e IADL, una conclusione diagnostica nella quale alla fine ci si esprima in termini di “dipendenza da terzi per l’espletamento delle AVQ”.

  2. Complimenti per l’articolo.
    Lavoro in una struttura pubblica e purtroppo mi capita spesso che mi venga richiesta una valutazione, in alcuni casi dalla commissione d’invalidità civile stessa, per la richiesta di invalidità o aggravamento.
    La prestazione non è nei LEA, pertanto dovrebbe rientrare tra quelle erogabili in libera professione ( eventualmente intramoenia). Come ci si deve comportare?
    È possibile , per il Fisiatria della struttura pubblica, inviare la domanda all’ INPS, compilando gli appositi moduli prestampati, prestazione normalmente resa dal MMG?

  3. Salve,ho 50 anni e soffro di Epilessia Farmacoresistente. Con l’inserimento del Quarto farmaco antiepilettico non mi reggo più in piedi e per questo ho fatto la visita dal Fisiatra e precedentemente da una Gentilissima Fisiatra entrambe ospedaliere. Mi è stato dato immediatamente il Deambulare e sto attendendo la relazione. Sono invalida al 100%,inabile permanente, legge 104 art 3 comma 3 ma senza accompagnamento. Il Mio neurologo ospedaliero non sa più cosa fare per far capire che necessito di accompagnamento. Secondo voi con la relazione della Fisiatra che già mi disse che né ho bisogno riesco a fare qualcosa? A breve avrò nuovamente la visita alla Commissione Medica e mi Vergogno molto entrate con il Deambulatore ma devo !! Temo che dicono che faccio finta. Grazie di Cuore.

  4. Buon pomeriggio, sono invalida al 100%,inabile permanente, Non Collocabile, legge 104 art 3 comma 3, Disabilità Neurologica ma senza accompagnamento perciò percepisco sempre 303 € al mese perché sono coniugata.
    Il tutto per Epilessia Farmacoresistente con Stimolatore Vagale, Crisi epilettiche improvvise, psoriasi da farmaci antiepilettici e Sdoppiamento della vista causato dal Quinto farmaco antiepilettico che mi è stato aggiunto.
    Ho avuto la visita Fisiatrica domiciliare e mi ha ordinato il Deambulatore e scritto che ho bisogno di assistenza continuativa 24 h come già dichiarato dal mio neurologo ospedaliero ma non hanno dato peso alle Sue parole. Vi chiedo gentilmente se la Relazione della Fisiatra dell’Ulss assieme a quella del Neurologo Ospedaliero possa far capire alla Commissione Medica di Concedere l’accompagnamento?
    Ps: ho 52 anni.
    Vi ringrazio e spero in una vostra risposta.
    Nicoletta.

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