La motricità fine: cos’è e a cosa serve?




Sentiamo molto parlare di motricità fine, soprattutto all’ingresso dei bambini nella scuola dell’infanzia, ma realmente, scientificamente cos’è? Ognuno dice la sua, sintetizza la teoria di grandi pedagogisti, ma facciamo un salto all’indietro e andiamo a vedere realmente cosa ci dicevano a tal proposito.

La motricità fine è la capacità di controllare il proprio corposu specifici movimenti fatti con le mani e le dita.

Questi movimenti, estremamente piccoli e precisi, richiedono un’alta capacità di concentrazionee una buona coordinazioneoculo-manuale.

Il bambino inizia a sviluppare la sua motricità fine sin da neonato. Ciò si verifica quando egli inizia a prendere i primi oggetti: un giocattolo, un massaggia  gengive, un sonaglio.
Successivamente, le sue capacità migliorano crescendo e man mano, lo vediamo tenere oggetti più grandi e pesanti, li manipola ed usa le mani per scopi precisi. Inizia a impilare torri con le costruzioni o a fare disegni via via sempre più dettagliati.

Attraverso lo sviluppo della motricità fine il bambino potrà:

  • migliore la padronanza del proprio corpo
  • sviluppare la concentrazione      
  • aumentare la coordinazione mano-occhio
  • avere una maggior autostima e sicurezza
  • prepararsi alla scrittura

Coinvolgere ed incentivare i piccoli nella routine della vita praticaè il primo e il più semplice esercizio che si può far compiere precocemente: lavarsi i denti e le mani in autonomia, vestirsi da soli, mettere a posto i giochi, riporre le scarpe, piegare il bucato, aiutare in cucina.

Infatti, lo sviluppo della motricità fine permette al bambino anche di:

  • diventare autonomo: nel vestirsi, lavarsi, nel mangiare, nell’organizzare i propri spazi
  • incrementare la creatività
  • migliorare la capacità di risoluzione dei problemi: di fronte a dei ripetuti movimenti errati, i bambini troveranno da soli alternative al problema incontrato.

Il processo evolutivo, in termini di sviluppo motorio, si caratterizza per una rapida acquisizione di nuove abilità che consentono la strutturazione di una motricità spontanea armoniosa, in cui il fanciullo, già all’età di tre anni, dimostra di padroneggiare capacità di equilibrio e coordinazione, integrando ritmicità e spazialità, elementi imprescindibili per la costruzione dell’autonomia (Le Boulch, 1992) .  

Questa capacità di controllo ed armonizzazione di uno o più movimenti, (Meinel, 1992) sia in termini di efficacia che di continuità, sarebbe collegata ad una serie di fattori che sono determinati anche dalla specifica fase di crescita, maturazione e sviluppo dei diversi sistemi che regolano il movimento, dalle diversità fisiche e psichiche del soggetto e dalle caratteristiche del suo sistema cognitivo. Le esperienze scolastiche vissute fin dalle prime fasi della scolarizzazione giocano, in tal senso, un ruolo interessante nella costituzione di quei prerequisiti essenziali per lo sviluppo dell’identità a partire dalla acquisizione degli schemi motori di base della coordinazione motoria.

Particolare importanza è data dai feedback ambientali per le azioni coordinate. Nella prima fase dell’età scolare secondo Meinel, l’incremento nello sviluppo delle capacità coordinative è collegato alla quantità di esperienze vissute fin dalla prima infanzia. I movimenti poco fluidi caratteristici della coordinazione grezza tipica della prima infanzia, evolvono gradualmente grazie ai continui feedback con l’ambiente, consentendo al bambino una personale elaborazione di informazioni sensoriali.

Diventa fondamentale, fin dalla prima scolarizzazione, e soprattutto nella fase di passaggio dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria, intervenire didatticamente per puntare all’acquisizione dei movimenti sempre più precisi e mirati in relazione ad evoluzioni anatomo-funzionali e cognitive grazie ad esperienze motorie plurime e diversificate. In questo senso lo sviluppo dei processi intellettivi, secondo Meinel, si manifesta attraverso azioni motorie.  (Meinel, 1955) 

La sollecitazione della coordinazione motoria, in particolare oculo-manuale, nell’ultimo anno della scuola dell’infanzia è fondamentale, in quanto l’uso sincronico e combinato dell’occhio con i movimenti della mano è da ritenersi il prerequisito fondamentale per l’apprendimento della scrittura. 

Le abilità di base implicate nel gesto grafico coinvolgono molteplici aspetti della motricità nel bambino, tra cui: il controllo della postura; la prensione dello strumento scrittorio; il supporto della mano non dominante che va a coadiuvare il processo di scrittura; la coordinazione dei movimenti dell’occhio congiuntamente a quelli della mano, del polso, del gomito e della spalla, la motricità fine, la regolazione della pressione, della traiettoria e della velocità di scrittura (Pellegrini, Dongilli, 2010).

È stata stabilita unarelazione tra la motricità fine e alcune abilità cognitive. In particolare, è stato stabilito un collegamento tra l’integrazione visuo-motoria e le abilità matematiche. Nell’integrazione visuo-motoria l’informazione visiva dell’intorno deve essere processata ed integrata con i movimenti fini, come nel caso del copiare parole o immagini su un nuovo foglio (non semplicemente tracciare ma copiare).

Questa relazione tra la coordinazione motoria e le abilità matematiche sembra essere collegata all’abilità motoria e la percezione visiva richiesta per identificare e localizzare oggetti.

Per mettere a punto l’indicazione ministeriale nazionale i docenti dell’ultimo anno rispettivamente della scuola dell’infanzia e primaria devono, pertanto, abbandonare la tentazione di dedicarsi solo ed esclusivamente alla preparazione degli alunni al grado scolastico successivo seguendo la rigidità di proposte didattiche già tarate negli anni durante la propria personale esperienza d’insegnamento e dedicarsi alla ricerca di itinerari diversi per la definizione e la scelta degli obiettivi per l’apprendimento a partire dall’analisi dei presupposti motori che si traducono nelle capacità coordinative e nelle abilità di movimento (Meinel, 1955,).

Il bambino opera una sintesi percettiva, per la quale il riferimento corporeo è strettamente collegato alla percezione spaziale, per cui la possibilità di stabilire relazioni tra oggetti nello spazio deriva dall’orientamento del proprio corpo, ovvero, attraverso l’utilizzazione degli assi e dei piani, e tramite l’uso della dominanza laterale, a seguito del processo di interiorizzazione e verbalizzazione dei suddetti concetti (Piaget, Inhelder, 1976).

Purtroppo molti bambini iniziano la vita scolastica senza neanche saper tenere una matita in mano. La causa? Un utilizzo eccessivo della tecnologia touch screenche elimina tutte quelle attività manuali che il bambino può svolgere quotidianamente giocando.

Questa tecnologia, infatti, elimina nella vita dei bambini: matite, forbici, pastelli, materiali da modellare, … Insomma tutti gli oggetti pratici da usare per poter ottenere una buona destrezza con le dita e con le mani.

La soluzione ideale a questo problema, quindi, è quella di ridurre al minimo l’uso della tecnologia per dare la possibilità ai bambini di svolgere più lavori manuali possibili e di avere sempre un esperienza diretta con l’ambiente che li circonda.

Scritto da:Cavallo Carla Rossella 

(insegnate della scuola primaria, Pedagogista Clinico n°4211 e delegato ANPEC area Vicenza)

Bibliografia:

Ambrosini C.,  Pellegatta S. (2013). Il gioco nello sviluppo e nella terapia psicomotoria. Edizioni Centro Studi Erickson: Trento. 

Berthoz A. (2011). La semplessità. Codice Edizioni: Torino. 

Bruner, J. S. (1991). Prime fasi dello sviluppo cognitivo (Vol. 33). Roma: Armando Editore. 

Le Boulch J. (1992). Lo sviluppo psicomotorio dalla nascita a sei anni. Conseguenze educative della psicocinetica nell’età scolare. Armando Editore: Roma.

MIUR (2012). Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione. Annali della Pubblica istruzione.

Sitografia:

www.metodomontessori.it

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