Negramaro



di Calogero Foti

Il 17 settembre 2018 il componente dei Negramaro, Emanuele Spedicato, detto Lele, viene colpito da un sanguinamento per aneurisma cerebrale.

a cura di Calogero Foti

I Negramaro stanno vicino all’amico, affettuosamente, presenti e attenti. Cercando di isolarlo dalle curiosità della gente, che vede in quel fatto un buon motivo per ottenere un selfie emotivo, istantaneo e superficiale. 

Ma da artisti veri, i Negramaro esternano con la Poesia, sentimenti, avvenimenti, speranze. Senza confini: fruibile a chiunque possegga uno strumento per ascoltare musica. Scrivono una canzone dedicata al loro amico, che tocca da vicino il mondo della riabilitazione, dal titolo “Cosa c’è dall’altra parte”. Difficile non averla ascoltata, e apprezzata nel suo piacevole ordito musicale. Se non vi è capitata l’occasione, ascoltatela: ne vale la pena.

Già le note dell’armonia, il ritmo, il 4/4, gli accordi armonici, regalano un’atmosfera malinconica, lacerata da parole di rabbia che apparentemente stonano con le note di speranza della canzone: e adesso muovi quella cazzo di mano…è una espressione che chi lavora in riabilitazione ha diverse volte pensato, se non detto. Perché l’esercizio terapeutico si applica non soltanto per restituire la funzione, ma a volte per mantenere quanto perso. C’è rabbia in quella frase, ma rivolta verso l’impotenza del curante, non verso il paziente. La rabbia di non riuscire a sanare quanto si è rotto. Simile a quella di Michelangelo davanti all’immobilità del Mosè.

“…che mica è vero come ci han promesso, vai fuori tempo e te ne danno altro, ti do io il resto…”. Probabilmente questa frase si riferisce a una visione cristiana del dopo vita. Ma si potrebbe leggere come una denuncia dei tanti ostacoli che il Fisiatra incontra nel trattenere i pazienti in reparto nella fase di post-acuzie (o addirittura a ricoverarli in riabilitazione), anche quando le regole regionali non lo consentirebbero. Ti do io il resto: forse i compagni della band sono disposti a sostenerne le spesedi tasca propria: quanti nelle loro stesse condizioni possono permettersi di pagare quelle spese?

E in merito alla superficialità dei sentimenti, un ingegnere informatico di un ospedale, alla frase scontata di un Primario “le persone cercano medici che le curino, non medici che conoscano l’informatica”si è mostrato risentito: uomo dei numeri, talmente superficiale da pensare che un algoritmo possa curare corpo e anima. Senza nulla togliere alle tante utilità determinate dalla scienza deterministica, chi si barcamena nei sentimenti della gente colpita da disabilità complessa sa quanto conforto possano dare più le parole che i numeri: Arte oltre che Scienza. E l’approccio Riabilitativo di cura bio-psico-sociale ne è un paradigma.

Concludendo, quei circa 5 minuti di canzone fanno meditare molto più che le tante carte che descrivono la disabilità, e danno conforto più che mille numeri. Grazie Negramaro, e auguri per Lele! Che ritorni a muovere sulle corde “quella cazzo di mano”.

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