Noi Fisiatri di serie B



di Domenico Uliano

Care colleghe e cari colleghi,

grazie. Grazie per le tante e-mail ed i commenti affettuosi e spesso entusiastici che abbiamo ricevuto.

Per noi è tanto, forse è tutto in questo momento e soprattutto è la conferma che abbiamo tutti la necessità di riprendere a discutere tra fisiatri, tra amici, tra fisiatri di serie B.

Nella mia attività professionale di fisiatra della prima ora, mi è capitato di lavorare in centri privati accreditati, di lavorare con pazienti adulti, con bambini, di lavorare negli ambulatori pubblici, di lavorare da aiuto prima, da primario poi e da capo dipartimento e ancora da capo dipartimento interaziendale per 10 anni.

In questi anni ho avuto la possibilità di svolgere personalmente attività di medicina manuale, di utilizzare la tossina botulinica, di lavorare con i farmaci biologici, di occuparmi di riabilitazione in acqua, di ausili, di dirigere reparti con codice 56 e codice 75 e di tornare adesso negli ambulatori privati. Per questo mi sento con orgoglio di essere un fisiatra di serie B, uno di quelli che ha fatto clinica ogni giorno, a contatto con le Persone e non con gli avatar….

So per questo di essere in buona compagnia con David e Giancarlo e con tanti di voi che ci sono stati e ci sono molto vicini.

Ma chi è dunque un fisiatra di serie B? È certamente un fisiatra che crede nella propria professione, che ritiene che la propria professione si possa svolgere con la stessa dignità dovunque, indipendentemente dall’essere un primario, un aiuto, un assistente, un dirigente, un singolo markettaro, come viene spesso apostrofato chi lavora negli ambulatori da qualche illustre collega, o dall’essere universitario o ospedaliero oppure territoriale o anche un giovane specializzando.

L’importante è credere alla dignità, alla valenza scientifica, all’importanza di quello che si sta facendo in funzione di un compito, spesso difficile, che quotidianamente si presenta, nel confronto con le persone che curiamo e nella consapevolezza di essere sempre e comunque uno specialista della disabilità.

In passato, sempre autorevoli fisiatri di serie A, amavano fare una distinzione tra disabilità complesse ed importanti e disabilità minimali. Io mi chiedevo sempre che cosa ne pensassero di questa classificazione quelle persone che essendosi visti classificare in una disabilita minimale, come ad esempio quella che deriva da una “bella” poliartrosi o da un ginocchio che non si piega piú oppure da una ipovisione oppure da una poliartrite oppure da un dolore pelvico intrattabile, mi chiedevo che cosa ne pensassero loro. Queste persone, classificate come disabili minimi o transitori, a cui nel 2001 con i livelli essenziali di assistenza qualche collega illustre di serie A decise di togliere una serie di prestazioni che appartenevano alla storia della fisiatria e che furono definite all’improvviso come prestazioni non efficaci. Io me lo chiedevo allora, ma me lo chiedo ancora adesso.

Me lo chiedo perché la storia della nostra disciplina è una storia difficile, complessa. E’ cresciuta facendosi spesso strada tra altri colleghi che ancora oggi hanno difficoltà a comprendere quale sia il ruolo del fisiatra, ma soprattutto è una disciplina che ha una grande fortuna, quella di avere diversi strumenti di valutazione che sono strumenti di valutazione complessa, che non sono strumenti di valutazione solo biologica, e quella di avere tanti mezzi terapeutici che appartengono naturalmente al nostro DNA.

Mezzi che utilizzano la voce, le mani. Così come utilizzano gli aghi, gli strumenti terapeutici elettronici, la terapia fisica strumentale, gli strumenti di comunicazione, gli ausili, le ortesi, le protesi, il mondo della tecnologia avanzata, in un divenire entusiasmante che spesso si diffonde assai di più di quanto noi riusciamo a immaginare. Tutto questo è affascinante, tutto questo ci appartiene da sempre e nulla va rinnegato.

La terapia fisica strumentale ha un valore terapeutico perché questo è dimostrato scientificamente e perché é apprezzata dai nostri pazienti. Essa ha un valore anche da sola, diversamente da come dice qualche illustre collega di serie A. Ha un valore anche se somministrata da sola, indipendentemente se usata con o senza la chinesiterapia e chi dice il contrario è un ignorante, perché ignora le innumerevoli prove di efficacia esistenti. Per questo mi sento un fisiatra di serie B, perché non rinnego nulla di quello che appartiene a questa disciplina, e che appartiene alla mia storia e la storia delle persone che stimo, così come alla storia delle persone che ho curato.

Ma mi sento un fisiatra di serie B anche perché credo che i giovani colleghi, gli specializzandi, così come i neo specialisti rappresentino il futuro di questa disciplina, un futuro che hanno il diritto oltre che il dovere di interpretare nella maniera più nuova e più evoluta possibile e soprattutto libera da condizionamenti e sopraffazione. Liberi da chi li vorrebbe unicamente buoni in fila ai saggi elettorali con la catenella al collo, pronti ad ubbidire al ricatto del primo gomorriano di turno.

Sono un Fisiatra di serie B anche perché ritengo che la formazione dei fisiatri si debba fare in tutti luoghi dove si pongono i problemi della disabilità, in tutti i luoghi dove si danno risposte alle persone che vivono una esperienza, nel corso della propria vita, di una disabilità più o meno importante, più o meno definitiva, più o meno transitoria ed è in questi luoghi dove c’è molto da imparare, dentro e fuori le università, dentro e fuori gli ospedali, dentro e fuori gli ambulatori, dentro e fuori le case della gente. E mi sento un fisiatra di serie B perché vorrei che tanti altri colleghi di serie B potessero proporsi con le loro difficoltà, con gli ostacoli che incontrano quotidianamente, e fornendo nuove interpretazioni, strumenti e suggerendo le soluzioni a chi copre ruoli importanti nella difesa della professione e della cultura riabilitativa e a chi ritiene ancora che esistono dei ruoli diversi all’interno delle professioni e che questi ruoli devono cooperare, che questi ruoli devono interagire, ma che deve essere ben chiaro chi fa che cosa e perché e sulla base di quali competenze e di quale percorso di studio e di formazione. E’ interesse non solo della nostra competenza, ma soprattutto del bisogno espresso dai Pazienti.

Ho letto in questi giorni dello scempio di appropriatezza e di efficienza, non solo economica, contenuto nell’íntesa tra la medicina generale ed i fisioterapisti e mi sono ricordato di quanto avevo promosso da segretario sindacale dieci anni addietro, creando un rapporto diverso proprio con i MMG.. Oggi assistiamo solo al silenzio assordante dei Fisiatri di serie A. Ma, mi direte voi: Domenico io vorrei fare qualcosa, io mi sento un Fisiatra 2.0. Bene, allora ricostruiamo insieme uno spazio dove amichevolmente edificare insieme la Nostra Prospettiva. Aiuteremo tutti, anche quelli di serie A.

 

Domenico Uliano

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  1. Nelle uniche due settimane di vacanza all’anno che posso permettermi da Fisiatra di serieB (o Fisiatra di campagna quale preferisco definirmi per via della mia collocazione geografico-logistica) non posso non concordare con te per quanto attiene le difficoltà oggettive ad operare in situazioni disagiate e ben lontane da quanto comunemente discusso ed enfatizzato nei convegni degli illustri colleghi di serieA. Sono sicuramente con voi e spero di poter dare il mio modesto contributo. Un abbraccio a voi dalla grecia

  2. Penso che la qualifica di fisiatra e fisioterapisti sia in Italia un po’ sottovalutata.
    Da paziente dico che avere il supporto e seguire i consigli dati dal fisiatra mi aiutano a poter svolgere la mia quotidianità.
    Mi piace anche perché si rifà, conoscendo le tecniche moderne, a pratiche classiche senza “buttar fumo negli occhi dei pazienti”.
    Complimenti caro Dottore,
    Paolo Pettinicchi FISH Molise

  3. Sono d’accordissimo con lei dott. Domenico Uliano. Se lavorare con dedizione e efficiente professionalità, come io so che lei fa, in quanto ho avuto l’onore di essere una sua allieva, significa essere fisiatri di serie B, ben venga. .

  4. Ciao,
    sono d’accordo con te dobbiamo riappropriarci della nostra essenza di fisiatri che contempla al suo interno non solo la medicina “ortodossa”, quella che ci propinano i fisiatri di serie A, ma anche tante altre medicine complementari, e non alternative, che hanno basi scientifiche e che soprattutto funzionano. Dobbiamo adottare un’impronta più olistica e non chiuderci dietro barricate che riducono i mezzi terapeutici a nostra disposizione, ma soprattutto dovremmo produrre ricerche scientifiche che possano dimostrare la validità di quanto detto ed applicato. In ogni qual modo, per quanto mi sarà possibile, ti sono vicino e se mi sarà possibile potremmo anche pensare qualcosa assieme per rilanciare la nostra professione. Io lavoro in un ospedale territoriale della Calabria, un territorio dove spesso trovano risposta solo i pazienti con più mezzi a disposizione, mentre chi ha veramente difficoltà spesso non trova risposte se non quelle del medico di buona volontà e competenza che si prende carico del suo problema e che avendo un minimo di rete e di empatia, intesa proprio nel considerare qualsiasi paziente come un suo potenziale buon parente, si attiva per fornire delle risposte al di là del ritorno economico.

    Un saluto sperando di proseguire assieme il cammino

  5. Domenico solo chi ha avuto la grande fortuna di aver lavorato con te sa che sei tra i veri fisiatri, quelli che non hanno bisogno di ortopedici o neurologi, quelli che si prendono la responsabilità clinica e gestionale del paziente e che ha una capacità manageriale non indifferente. Spero da questo sito possa ripartire la riscossa del MEDICO Fisiatra e non a casio medico è in maiuscola. Insieme si può dare nuova linfa a questa stupenda branca. Giovanni Augello – Pesaro

  6. Domenico, sai della stima e considerazione che ho di te. Ho avuto modo di imparare molto e di apprezzare le tue capacità manageriali nei tanti anni trascorsi al tuo fianco. Ma più di tutto ho imparato ad apprezzare il tuo non essere mai banale ed essere sempre lungimirante. Per questo penso che anche questa tua nuova iniziativa porterà sicuramente nuova linfa e nuovo entusiasmo al mondo della fisiatria che ultimamente sembra un pò arrancare. Sia esso di serie B ma soprattutto di serie A.
    Un abbraccio Raffaele.-Campobasso

  7. Sono fisiatra di serie B e pure di campagna: da vent’anni svolgo la mia attività in un poliambulatorio di un distretto periferico della ASL
    Molte visite a domicilio,con la presa in carico globale del paziente,dei suoi cari e delle relative problematiche sociali ed ambientali; molte visite ambulatoriali con le più disparate patologie,una collaborazione,ormai pluriennale con il servizio di Neuropsichiatria infantile.
    Pochi mezzi, poco personale, grave carenza di figure professionali., Ciononostante,paradossalmente posso svolgere la mia attività con ampi margini di libertà e posso seguire i miei pazienti nel tempo,realizzando una continuità terapeutica che ,per esempio,i miei colleghi ospedalieri,non possono permettersi.
    L’essere soli sul territorio è uno stimolo quotidiano all’aggiornamento perchè si è soli a decidere, a fare scelte terapeutiche,come dice Augello, senza bisogno di ortopedici e neurologi e si impara, perseguendo la maggiore appropriatezza possibile, ad economizzare le poche risorse disponibili.
    Purtroppo nella mia regione la nostra figura è molto sottovalutata,a volte avversata, e non vedo nella stragrande maggioranza dei colleghi fisiatri la volontà di affermare la nostra specifica e peculiare professionalità
    Spero che questo “forum” sia un incoraggiamento per tutti noi a fare sempre meglio e ad essere orgogliosi della nostra bellissima professione di serie B.
    un caro saluto Manoela Serci- Cagliari

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