TRATTAMENTO MANIPOLATIVO DEL TRATTO CERVICALE: GENERALITÀ, INDICAZIONI E RISCHI CIRCOLATORI





di Accursio Miraglia

ANATOMIA E BIOMECCANICA DEL RACHIDE CERVICALE

Il rachide cervicale si compone di 7 vertebre ed è fisiologicamente atteggiato in lordosi. Le prime due vertebre, Atlante ed Epistrofeo, formano un’unità anatomo-funzionale a parte, il cosiddetto rachide cervicale superiore. Hanno forma molto particolare e, da un punto di vista biomeccanico, aggiustano con precisione la posizione del capo nello spazio grazie ai movimenti di flesso-estensione (cenno del “si”) dell’articolazione occipito-atlantoidea e ai movimenti di rotazione (cenno del “no”) dell’articolazione atlanto-epistrofica. Le sottostanti 5 vertebre, tutte simili tra loro, formano il cosiddetto rachide cervicale inferiore, che effettua movimenti in flesso-estensione, latero-flessione e rotazione. Questi ultimi due movimenti non sono fisiologicamente dissociabili ed alla rotazione si assocerà sempre una lateroflessione nello stesso senso. Il movimento complessivo del rachide cervicale sarà quindi il risultato del posizionamento del rachide cervicale inferiore e dell’adattamento del rachide cervicale superiore, che realizza di fatto il movimento preciso finale.

IL SEGMENTO MOBILE

È merito di H. Junghans aver considerato gli elementi di unione e di separazione tra due vertebre adiacenti come un tutt’uno indissociabile, un’unità anatomo-funzionale formata da disco, articolazioni interapofisarie e sistema legamentoso di connessione, che ha chiamato segmento mobile. La colonna vertebrale è costituita da 23 segmenti mobili, ognuno dei quali rappresenta un’unità funzionale, a livello della quale il cosiddetto pilastro anteriore (formato dalla sovrapposizione dei corpi vertebrali connessi tra loro dai dischi intervertebrali) garantisce la funzione statica di sostegno mentre il pilastro posteriore (formato dalla sovrapposizione degli archi e delle articolazioni posteriori) guida il movimento vertebrale. 

MANIPOLAZIONI VERTEBRALI: ASPETTI TECNICI 

La manipolazione è definita da Maigne come “una mobilizzazione passiva forzata che tende a portare gli elementi articolari al di là della loro escursione articolare, fino al limite dell’escursione anatomica”. Il gesto terapeutico si compone di tre tempi: a) la messa in posizione, in cui si posiziona il paziente; b) la messa in tensione, in cui si imprime all’articolazione il movimento desiderato fino al limite dell’escursione articolare passiva; c) l’impulso manipolativo, cioè  un movimento forzato, secco, breve ed unico che, provocando una brusca diminuzione della resistenza articolare accompagnata spesso da rumore di scrocchio, forza ancora per qualche grado la posizione di massima escursione articolare.

La direzione della manipolazione deve sempre essere quella del movimento passivo libero ed indolore opposto al movimento passivo doloroso (regola del non dolore e del movimento contrario). 

MANIPOLAZIONI VERTEBRALI: INDICAZIONI 

Le manipolazioni vertebrali trovano applicazione quando alla base della sintomatologia algica vi è un disturbo doloroso intervertebrale minore (D.D.I.M.), definito da Maigne “una disfunzione vertebrale segmentaria dolorosa, benigna, di natura meccanica e riflessa, generalmente reversibile”. Questa definizione non entra nel merito della patogenesi del disturbo doloroso, che in genere si suole definire meccanica ma che in realtà è una disfunzione a genesi multifattoriale del segmento mobile vertebrale di Junghans.

Indicazioni in patologia del rachide cervicale

Le patologie del rachide cervicale che possono trarre beneficio dalle manipolazioni vertebrali sono: cervicalgia acuta e cronica, cervico-brachialgia (forme lievi e forme croniche di origine meccanica), cefalea cervicogenica, sindrome vertiginosa, pseudo-tendinite (di spalla o di gomito).

MANIPOLAZIONI VERTEBRALI: CONTROINDICAZIONI

Le controindicazioni al trattamento manipolativo si dividono in due categorie: tecniche e cliniche. Le prime sono relative a casi in cui la manipolazione appare un trattamento razionale per problemi di natura meccanica ma non vi sono le condizioni per effettuarlo, le seconde sono legate ad affezioni di natura non meccanica per le quali la manipolazione non ha alcuna ragione di essere impiegata e, per di più, può essere potenzialmente pericolosa.

Controindicazioni tecniche

1) La regola del non dolore e del movimento contrario non è applicabile. 

2) Il tratto di colonna da trattare è estremamente rigido. 

3) Il paziente ha paura della manipolazione.

4) L’operatore non è perfettamente padrone delle manovre. 

Controindicazioni cliniche

Sono controindicazioni cliniche assolute all’esecuzione di una manipolazione la presenza di malattie tumorali, infiammatorie o infettive, una malformazione della giunzione cervico-occipitale, una grave osteoporosi, un’insufficienza vertebro-basilare. 

Quest’ultimo caso appare di estremo interesse clinico e medico-legale perché gli accidenti cerebrovascolari eventualmente provocati dalla manipolazione possono comportare gravissimi rischi per il paziente.

Insufficienza vertebro-basilare: i test pre-manipolativi

L’insufficienza vertebro-basilare (IVB) è particolarmente temibile perché, anche se la manipolazione del rachide cervicale comporta un bassissimo rischio di incidenti cerebrovascolari, questi sono potenzialmente fatali.

Per cercare di ridurre questo rischio sono stati messi a punto dei test clinici al fine di individuare,nella fase di selezione del paziente,possibili condizioni di IVB. Il razionale su cui si basano è che le sollecitazioni meccaniche esercitate sulle arterie cervicali possono ridurne il diametro del lume vasale e quindi diminuire o stoppare il flusso sanguigno: in queste circostanze i rami collaterali generalmente garantiscono la perfusione ma, se questo non avviene, il paziente diviene sintomatico. I test sono considerati positivi, e quindi il paziente è considerato a rischio, quando all’esecuzione del test compaiono stato confusionale, vertigini, nausea, nistagmo, vomito, alterazioni del visus o perdita di coscienza. 

Diversi studi hanno valutato in parallelo la sintomatologia clinica e l’esame Doppler sia in soggetti sani che affetti da IVB sottoposti a test pre-manipolativi: i risultati hanno evidenziato che questi test non hanno una significativa capacità predittiva.

In particolare i risultati di uno studio che analizzava i test basati sul posizionamento in estensione e rotazione del rachide cervicale hanno mostrato che questa manovra è priva di valore predittivo positivo, vale a dire che alla positività del test non corrisponde necessariamente una riduzione del flusso, verificata con esame Doppler, a livello delle arterie vertebrali. Il valore predittivo negativo, invece, oscilla tra il 63 ed il 97% in relazione al tipo di metodo statistico utilizzato e al lato considerato; ciò significa che, in caso di test negativo, la probabilità di un’effettiva assenza di riduzione del flusso sanguigno vertebrale varia dal 63 al 97%.  Gli autori hanno concluso che la validità di questi test è dubbia e che sulla base di essi non è possibile individuare i soggetti che hanno una riduzione del flusso a livello delle arterie vertebrali. Ancora di più, quindi, appare fondamentale effettuare un’accurata diagnosi differenziale prima di intervenire manualmente su un paziente affetto da algia al rachide, avviando al trattamento solo chi è affetto da patologia su base meccanica (D.D.I.M.) ed escludendo coloro che soffrono di una patologia di altra origine o che, oltre al D.D.I.M., presentano anche altre patologie che controindicano il trattamento.

MANIPOLAZIONI VERTEBRALI: L’IMPORTANZA DELLA DIAGNOSI 

La manipolazione vertebrale è un mezzo terapeutico efficace ma delicato, che necessita di una scrupolosa valutazione sia dei possibili vantaggi che delle eventuali controindicazioni, pena l’esposizione del paziente a rischi anche gravi. Gli incidenti successivi a terapia manipolativa, infatti, pur se estremamente rari, possono essere drammatici. Questi casi, potenzialmente letali, sono quasi sempre dovuti ad una errata selezione dei candidati per difetto di diagnosi differenziale, con avviamento al trattamento manipolativo di pazienti affetti da patologie incompatibili con il trattamento stesso: in tal modo anche una manipolazione eseguita in modo tecnicamente corretto diventa estremamente pericolosa. Una manovra tecnicamente errata effettuata su un paziente che rispetta i criteri di inclusione, invece, non causa mai incidenti gravi, potendo in genere provocare solo un’accentuazione della sintomatologia dolorosa per la quale si è in cura.

CONSIDERAZIONI

Per il trattamento del rachide cervicale è possibile utilizzare diverse tecniche terapeutiche di provata efficacia e fra queste un ruolo fondamentale hanno le manipolazioni vertebrali. Fondamentale è, però, che l’indicazione al trattamento tramite terapia manipolativa sia posta con grande attenzione, rispettando con scrupolo i criteri di inclusione e formulando una diagnosi differenziale precisa che escluda dal trattamento i pazienti a rischio. Le conseguenze di una errata selezione dei pazienti avviati a tale trattamento, infatti, possono essere estremamente gravi. 

La pratica imprudente o imperita delle manipolazioni può essere molto pericolosa: nel febbraio 2016 la modella americana Katie May è morta in seguito alla lesione di un’arteria vertebrale dopo un trattamento chiropratico del rachide cervicale. 

L’approccio al paziente, considerato che il bene salute è inviolabile, deve essere sempre improntato alla massima tutela dello stesso. Per tale motivo, in Italia, al laureato in medicina non ancora abilitato è concesso solo di eseguire la misurazione della pressione arteriosa e della temperatura corporea. 

Tuttavia nello stesso tempo si permette a figure non mediche di valutare i pazienti da un punto di vista clinico-diagnostico e trattarli manualmente. 

Il “mercato” delle manipolazioni vertebrali è fiorente in quanto sostenuto da una richiesta crescente che ingolosisce molti, ma all’aumentare del numero di operatori del settore, molti dei quali non laureati in medicina, non corrisponde necessariamente un aumento del livello qualitativo dell’offerta terapeutica. 

Numerosi dubbi sorgono anche sulla formazione del personale non medico, confermati dal fiorire di corsi self-made ben lungi dalla rigorosità di un percorso universitario e addirittura dalla recente proposta commerciale di corsi on-line, vero paradosso se si pensa che la disciplina in oggetto è prettamente pratica. 

CONCLUSIONI

Gli accidenti cerebrovascolari sono una complicanza rarissima delle manipolazioni cervicali (1-2 casi ogni milione di trattamenti) ma estremamente pericolosa, potendo causare anche la morte del paziente.

Considerato che i test clinici pre-manipolativi presentano dei falsi negativi, non accettabili quando può essere in gioco la vita dei pazienti, appare assolutamente fondamentale effettuare un’accurata diagnosi differenziale e, in caso di dubbio, non avviare mai al trattamento i pazienti senza aver prescritto un esame Doppler che escluda segni di alterata funzione del circolo vertebrale.

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