Collaborare non è un gioco

Anno: 2023 - Vol 8 / Fascicolo: 13 / Periodo: ott-dic

Autori:

Carla Rossella Cavallo

Pedagogista Clinico Insegnante ITIS “A.Rossi”, Vicenza


Diversi anni fa, proprio per Fisiatriaitaliana.it,  scrissi il mio primo articolo o in gergo come lo chiamo io “pezzo”, il titolo è: “ L’inclusione scolastica e il lavoro multiprofessionale”. Di tanto in tanto rivedo o ripenso a ciò che ho scritto in passato e vuoi perché in questo momento per me è un periodo lavorativamente particolare, da più giorni sto scavando nella mia mente ciò che ho imparato in questi anni scolastici, le esperienze vissute, i diversi casi, i diversi colleghi alla primaria, all’ Università e alla secondaria di II grado, i DS conosciuti, da ognuno di loro si impara qualcosa, si osserva e si fa analisi di quello che c’è e di ciò che non vorremmo essere o ricevere. Sbagliano gli altri, sbagliamo noi e si impara, come mi ripeto spesso: “l’importante è non sbagliare con i ragazzi!” (almeno si cerca).

A volte mi rendo conto che nella scuola non c’è logica ma spesso ognuno pensa ad emergere, alle sue idee perché sicuramente sono le più giuste, dettate da anni di esperienza e di saggezza (secondo loro). Non condivido molto questo pensiero poiché dopo diciassette anni di insegnamento sono ancora e forse ancora più convinta che per fare un buon lavoro bisogna COLLABORARE, ASCOLTARE e ASCOLTARSI, RIFLETTERE. 

In una scuola ognuno di noi è un numero e come succede in matematica, o come hanno definito i miei ex alunni: “i numeri più grandi nascono dall’insieme di tanti numeri. Si possono sommare e i numeri crescono oppure si possono scrivere uno attaccato all’altro e i numeri diventano enormi”. Parto proprio da questa definizione la collaborazione a scuola e proprio come tanti numeri uno attaccato all’altro. I numeri sono i professori che insieme dovrebbero creare una rete educativa e didattica, sena distinzione di materie e ambiti, ci sarà il prof. e la prof., quello più alto e quello più basso, il più magro e il meno magro, il più bello e il meno bello, il più introverso e quello estroverso, il più giovane e il meno giovane, … ma in realtà agli studenti e ad ognuno di noi in qualità di educatori interessano queste caratteristiche per collaborare? 

No, assolutamente no, serve solo avere un unico interesse, quale? Gli studenti! Non importa che età abbiano e se siano liceali o tecnici, l’istruzione educativa, gli esempi che ricevono dovrebbero essere gli stessi. Il ragazzo sedicenne di un liceo sarà un uomo, cittadino (attivo e consapevole), lavoratore, forse marito e padre, nello stesso modo come lo sarà il ragazzo di un tecnico. 

Un individuo si forma dalla parte interiore, il suo è un percorso di crescita personale, va guidato nella scoperta della propria identità e preparato ad affrontare il mondo esterno. Inoltre, la scuola è un luogo dedicato alla formazione dei valori, in cui i ragazzi imparano a rispettare gli altri e a considerare con occhio critico la realtà. 

Oltre alla famiglia chi insegna loro l’entrata nella società e nel lavoro? La scuola.

La comunità scolastica è complessa nei vari aspetti ma non è impossibile! Si è chiamati a svolgere un lavoro importante, abbiamo in mano della materia umana plasmabile. Dovremmo essere il primo “sistema”, ad insegnare il valore che la collaborazione tra le parti, tra le persone, potrebbe avere come crescita e nei risultati attesi.  

Penso che si dovrebbe iniziare dalla COERENZA e TRASPARENZA tra gli adulti, ciò porterebbe ad agire, pensare e sentire andando in un’unica direzione.

Avevo concluso il precedente articolo in questo modo: “Dalle varie esperienze come insegnante e dal lavoro come pedagogista clinico, posso affermare che il lavoro multidisciplinare è fondamentale per aiutare le persone in difficoltà. La collaborazione non va percepita come un sottovalutare o scavalcare il lavoro dell’altro, ma come lo sforzo di più persone per il raggiungimento di un obiettivo di benessere del bambino, che deve trovarsi al centro dell’impegno di tutto il team.”

Passano gli anni ma non cambia la necessità, cambiano gli ordini e grado ma non deve cambiare l’idea di accettazione, di diverso, di collaborazione, di unione. Purtroppo non è così e mi rendo conto che seppur siamo nel 2023, tutto ciò, in alcune realtà o per certe persone è utopia!

La scuola è ancora il luogo in cui è eccessivo lo spirito di competitività piuttosto che quello di collaborazione. Sono troppe le abitudini da cambiare come quella di competizione non opportuna e poco costruttiva. 

Dovrebbe emergere l’idea della didattica della collaborazione e non della competizione con impegno e consapevolezza da parte di tutti.

Pedagogicamente si utilizza il termine “scaffolding” che significa aiuto dato da una persona ad un’altra per svolgere un compito. Utilizziamo praticandolo, aiutiamo i ragazzi ricevendo l’esempio giusto, servirà nella classe, nella società, nella diversità!

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